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FAMIGLIA & PATRIMONIO (Giuliana Rapetta) 510 340 admin

FAMIGLIA & PATRIMONIO (Giuliana Rapetta)

Ho avuto il piacere di conoscere Giuliana Rapetta qualche anno fa, durante uno dei miei eventi patrimoniali….

Poi Giuliana letteralmente “ha fatto suo” tutto ciò che potevo offrire ad un consulente patrimoniale….

Ha frequentato il Master, ha partecipato al Perini Top Training, ha divorato il mio materiale ed i miei libri….

Oggi posso sicuramente affermare che Giuliana è una tra i Top Patrimonialisti che ho avuto il privilegio di conoscere e l’opportunità di contribuire a “formare”…

Giuliana però è molto altro…. chi ha avuto l’opportunità di conoscerla ne apprezza sicuramente l’intelligenza, la simpatia e quella sottile ironia che fa la differenza….

Ho il piacere di pubblicare il suo elaborato…. parla di famiglie, parla di patrimonio….

Vi lascio in compagnia di Giuliana.

“Quando finisce un amore, così com’è finito il mio, senza una ragione né un motivo, senza niente”

(Cit. Riccardo Cocciante, “Quando finisce un amore” – 1974)

È un’impresa spesso ardua riuscire a trovare una ragione perché un amore debba finire, perché spesso non c’è una ragione, ma sicuramente vi sono aspetti patrimoniali che vanno presi in considerazione sin “dall’anello di fidanzamento”.

Il presupposto per giungere alla separazione ed al divorzio è l’unione.

Che sia un’unione matrimoniale, un’unione civile o un’unione more uxorio, tutte presentano delle prerogative patrimoniali da valutare prima e durante un’eventuale crisi del rapporto.

Gli ultimi dati Istat presentano un’Italia in cui ci si sposa sempre meno e dove sono in aumento separazioni e divorzi. Una nazione con mutate strutture familiari, quindi con differenti stati civili attraversati durante la vita, con differenti impatti patrimoniali.

Nonostante i giovani si sposino sempre meno per diverse ragioni socioeconomiche, secondo alcune ricerche “sposarsi fa bene perché porta ad uno stile di vita più salutare e mitiga lo stress”.

Non vi è la certificazione che ilrapporto di coniugioporti ad una aspettativa di vita più lunga ma sicuramente conduce a “Diritti e doveri reciproci dei coniugi” (Art. 143 Codice Civile).  Gli sposi nel corso della loro vita in comune devono rispettare “l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.A ciò si sommano i“Doveri verso i figli” (Art. 147 Codice Civile) in quanto“il matrimonio impone ad ambedue iconiugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

Vocaboli come “doveri”, “obblighi”, “bisogni”, “mantenere” sono indicativi dell’influenza che il matrimonio, e la sua eventuale crisi, hanno in ambito patrimoniale e di come è importante conoscere le diverse opzioni per una scelta consapevole in base alle proprie esigenze e necessità.

La prima importante scelta è sicuramente quella di identificare la nostra metà della mela, che per la legge deve essere di sesso diverso dal nostro (ciò non è richiesto nelle Unioni Civili), con cui convolare a nozze, con tutte le conseguenze di carattere economico che questo comporta circa casa, cerimonia, catering, viaggio di nozze etc. La seconda, e non meno importante, scelta che i futuri sposi sono chiamati a fare è quella di identificare il regime patrimoniale da adottare in costanza di matrimonio e due sono le opzioni: comunioneo separazione. 

In base al regime preferito la legge indica a chi appartengono i beni acquistati durante il matrimonio e come verranno ripartiti in caso di scioglimento di quest’ultimo o di successione ereditaria.

Prima di analizzare le due opzioni che i coniugi hanno a disposizione per gestire i loro beni, è opportuno specificare che il regime patrimoniale prescelto può non essere per sempre, in quanto è possibile variarlo ricorrendo ad un atto notarile: non si tratta, quindi, di una decisione immodificabile. Sarà comunque annotato a margine dell’atto di matrimonio in modo che possa essere conosciuto da terzi.

Si potrebbe esser portati a pensare che contrarre matrimonio in chiesa non implichi detta opzione circa il regime patrimoniale, ma non è così. Sia che la celebrazione sia fatta da un ministro di culto (matrimonio cattolico con effetti civili, detto concordatario) sia avvenga davanti ad un ufficiale di stato civile (matrimonio civile) è possibile, se non addirittura opportuno, decidere.

E se non si sceglie cosa accade? 

La non scelta del regime patrimoniale implica in maniera automatica la comunione dei beni, identificata quindi dal legislatore come il regime adottato di default. La spiegazione di questo risiede nella visione del legislatore di un modello di famiglia attrice nella gestione unitaria dei propri beni sia al proprio interno, che nei confronti di terzi.

Ma cosa indica essere in comunione legale dei beni?

Essa esprime la comproprietà dei beni acquisiti durante il matrimonio a prescindere che siano stati acquisiti assieme o individualmente dai coniugi. Da quindi vita ad un unico patrimonio comune tra loro, che vedono le loro quote al 50%, poiché detti beni, tra i quali rientrano l’azienda gestita da entrambi e costituita dopo il matrimonio, gli incrementi e utili di azienda gestita dai coniugi ancorché costituita prima delle nozze, diventano automaticamente anche di proprietà dell’altro indipendentemente dal reale apporto.

Tutti i beni rientrano in comunione?

No, vi sono delle eccezioni. Ad esempio, tutto ciò che è stato acquistato prima del matrimonio rimane nella titolarità esclusiva del singolo coniuge, così come ciò che deriva da donazione o successione. Anche i beni strettamente personali, quelli che servono all’esercizio della professione o quelli ottenuti a titolo di risarcimento danno o pensioni dovute a perdite della capacità lavorativa sono fuori, salvo diversa decisione dei coniugi attraverso la Comunione Convenzionale, scelta dagli stessi sia prima che dopo il matrimonio, con atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni. Essa dà la possibilità di attuare limitate modifiche al regime della comunione, facendovi rientrare anche beni che in base alla normativa ordinaria ne sarebbero esclusi o viceversa escluderne qualcuno. 

Quindi criteri temporali e la destinazione/utilità del bene sono necessari per verificare se i beni sono sottoposti al regime della comunione legale.

Esiste inoltre un modo per escludere la contitolarità, ed è possibile quando il coniuge non acquirente, partecipando all’atto, dichiara di aderire all’intestazione esclusiva ed il coniuge acquirente dichiara che l’acquisto è strettamente personale.

Si può vendere un bene in comunione senza l’autorizzazione del coniuge? 

No. Essendo un atto di straordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione. Qualora non la si abbia avuta preventivamente, se si tratta di beni mobili, l’atto è valido ma il coniuge che lo compiuto è tenuto riportare la situazione di comunione a quella precedente ad esempio reintegrando con denaro. Se si tratta di un bene immobile, o mobile registrato, l’atto potrà essere annullato entro un anno.

Anche i debiti contratti seguono le stesse logiche?

Bisogna innanzitutto stabilire se l’impegno sia di tipo famigliare ossia contratto nell’interesse della stessa. In questo caso, a prescindere che sia concluso congiuntamente o meno, il debito è comune e ne risponde il patrimonio in comunione che, se insufficiente, viene integrato dai beni personali dei coniugi nella misura della metà del credito. Qualora non si è perseguito, invece, l’interesse della famiglia, nel caso in cui ad agire siano stati entrambi i coniugi, si rientra nella fattispecie di debito comune prima descritto. Altrimenti, qualora il contraente sia un singolo coniuge, sarà lo stesso che ne risponderà con i suoi beni e, se insufficienti, andranno affiancati dai beni in comunione nella misura sempre della metà del credito.

Se nella comunione legale dei beni abbiamo “due cuori ed 1 capanna” nella separazione dei benisempre “due sono i cuori ma due anche i patrimoni” che restano separati, quindi i beni acquistati durante il matrimonio rimangono di esclusiva titolarità di ciascun coniuge che avrà inoltre il diritto ad amministrarli senza interferenze da parte dell’altro. Ovviamente nulla vieta di acquisire beni congiuntamente in questo caso si avrà un regime di comunione ordinaria (1)

(1) Esiste anche la Comunione differita o de residuo: che riguarda i beni oggetto di comunione legale che non diventano immediata­mente comuni tra i coniugi (i beni cioè che cadono nella cosid­detta comunione immediata) ma che restano di proprietà del coniuge che ha compiuto l’acquisto, e diventando comuni esclusivamente nel momento in cui cessa la comunione legale. A titolo di esempio i frutti dei beni personali, le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il ma­trimonio, i proventi dell’attività separata di uno dei coniugi, gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente al matrimonio. 

Permane comunque per i coniugi in separazione dei beni l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia, al mantenimento, istruzione ed educazione dei figli. 

Sempre in riferimento ai debiti contratti dai coniugi la separazione dei beni consente una maggior protezione poiché i beni rimangono intestati separatamente agli stessi, quindi i creditori personali di un coniuge potranno rifarsi solo sui suoi beni, senza poter toccare quelli dell’altro. Ecco perché se in un primo momento la scelta del regime patrimoniale della separazione dei beni può sembrare un atto che rivela poca fiducia nei confronti della propria famiglia è di norma la scelta preferita quando uno o entrambi i coniugi hanno un’attività lavorativa che li espone a rischi economici. 

E’ bene ricordare che il regime della separazione dei beni non è riconducibile alla separazione personale tra i coniugi, ma è appunto un regime patrimoniale alternativo alla comunione.

Prima della riforma del 1975 il regime patrimoniale legale era quello della separazione dei beni. L’unica convenzione matrimoniale applicata era quella diretta a costituire la dote.

Il fondo patrimonialeè un altro regime patrimoniale della famiglia?

No, poiché esso si aggiunge ma non si sostituisce alla comunione legale, convenzionale o alla separazione dei beni. Il fondo può essere costituito da uno o da entrambi i coniugi, ma an­che da un terzo, sia con atto pubblico notarile sia, nel caso di fondo costituito da terzo, per testamento.

La finalità del fondo patrimoniale è quella di vincolare deter­minati beni per i bisogni della famiglia. La legge prevede che l’amministrazione sia regolata dalle norme della comunione legale: da un lato i coniugi non possono disporre liberamente dei beni confluiti nel fondo per scopi estranei agli interessi della famiglia, dall’altro i creditori particolari dei coniugi non potranno, in linea di principio, aggredire detti beni.

Cosa succede quando il rapporto muta e l’amore scema?

Chissà se quando Alexander Graham Bell (il primo inventore a brevettare un telefono funzionale) dichiarò:  “ Il matrimonio riduce a metà i tuoi diritti e raddoppia i tuoi doveri” era consapevole che molti delle attuali separazioni e divorzi hanno come punto di partenza messaggi non cancellati e conversazioni sussurrate?

Ma che differenza c’è tra la separazione e divorzio e qual è l’aspetto patrimoniale collegato alle due differenti fasi del rapporto in crisi?

Se la pausa di riflessione è temporanea la separazione termina con la riconciliazione, in caso contrario da origine al divorzio che fa cessare gli effetti giuridici del matrimonio.

La separazione non pone fine al rapporto matrimoniale ma ne interrompe alcuni effetti.

Può essere Consensualequando i coniugi hanno trovato un comune accordo e stabiliscono insieme i diritti relativi al patrimonio.

L’accordo di separazione, pur non avendo uno schema predefinito, deve comunque contenere la volontà di entrambi i coniugi di interrompere la convivenza, deve indicare l’assegnazione della casa famigliare e gli obblighi di mantenimento, ove ricorrano i presupposti, e nel caso di figli minori definirne anche l’affidamento ed il mantenimento.

Non è comunque sufficiente la sola volontà di separarsi “in armonia” ma necessita, per divenire efficace, della omologazione del Tribunale con apposito provvedimento. Questo per evitare che l’accordo di separazione, anche se assistito da legali, sia contrario agli interessi dei figli o del coniuge più debole.

Come intuibile la separazione Giudizialesi ha qualora non si giunga a definizione in bonis, e viene richiesta al giudice da uno dei co­niugi quando avvengono fatti tali da rendere intollerabile la pro­secuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio ai figli.

Se sussistono alcuni presupposti che hanno dato origine alla violazione dei doveri matrimoniali (menzionati in apertura – art.143 C.C.), uno dei coniugi può chiedere al giudice che la separazione sia addebitata all’altro. Il giudice verificherà se effettivamente la crisi coniugale sia stata determinata dal comportamento dell’altro coniuge.

Tizio scopre che sua moglie Caia ha una relazione extraconiugale: può chiedere la separazione con addebito? 

L’addebito non è automatico, ma va verificato il nesso causale tra “tradimento e crisi”, ossia va stabilito se la relazione abbia portato alla separazione.

È importante evidenziare che la separazione di fatto, e cioè senza l’intervento del tribunale (per la semplice omologa, ovvero per la vera e propria pronuncia), non produce alcun effetto giu­ridico rilevante.

Come impatta il regime patrimoniale scelto dai coniugi in caso di separazione?

Quando la separazione diventa efficace se gli sposi avevano adottato la comunione questa si scioglie, diventando comunione ordinariae ciascuno è libero di cedere la propria quota a terzi.s

Un esempio di suddivisione della ricchezza paritaria è apparsa ultimamente su diversi media: la separazione della coppia di Amazon, Jeff Bezos (l’uomo più ricco del mondo) e la moglie Mackenzie, sposati nel 1993, prima della nascita di colosso delle vendite online. All’epoca non stipularono un accordo prematrimonialee dunque, secondo la legge dello stato americano dove si sono uniti, che prevede la comunione dei beni, dovrebbero dividere il patrimonio a metà. 

Tizio e Caia si stanno per sposare e vogliono decidere già oggi, vista la disparità di ricchezze, gli aspetti patrimoniali di un eventuale divorzio. Possono farlo?

No. In Italia non sono ancora ammessi i contratti prematrimoniali, ossia quei patti antecedenti al matrimonio che codificano come verranno intrattenuti/risolti i rapporti patrimoniali della coppia in crisi.(2)

(2) Si specifica che al momento della stesura di questo scritto nella bozza del disegno di legge delega sulle “semplificazioni”, approvato il 12 dicembre 2018 dal Consiglio dei Ministri, è affidata al Governo la facoltà di disciplinare i cosiddetti patti prematrimoniali. Se e quando il disegno dovesse approdare in Parlamento, si avrà la possibilità di una normativa che premetterà la stipula di accordi aventi lo scopo di regolare rapporti personali e patrimoniali, nonché i criteri da seguire per l’educazione dei figli.

Caia in regime di comunione dei beni si separa. Chiede al marito Caio la metà del valore del Rolex da uomo da lei comprato. Può farlo? 

Dipende. Caia deve dimostrare che l’orologio è stato acquistato per investimento e, quindi, è corretta la suddivisione. In caso contrario si tratta di dono/bene personale che non rientra in comunione.

È da ricordare che nel caso sia costituito un Fondo Patrimoniale esso permane in caso di separazione. 

La separazione quali aspetti patrimoniali ha?

Il giudice con la sentenza di separazione può stabilire il mantenimento a favore del coniuge se non soggetto ad addebito e considerando l’eventuale “sproporzione reddituale” tra coniugi, assegno che potrà essere escluso in caso di nuova convivenza del coniuge beneficiario.

Nel caso di figli minorenni verrà stabilito il loro affidamento. Nel caso invece di prole maggiorenne, ma non autonoma dal punto di vista economico, il giudice si pronuncerà sul loro eventuale mantenimento. 

Il coniuge separato, a prescindere dall’addebito, avrà comunque diritto agli alimenti se bisognoso. Questa obbligazione, ispirata alle ragioni solidaristiche proprie del vincolo famigliare, pur avendo natura patrimoniale, non può essere ceduta né pignorata.

Sicuramente importante per noi italiani è l’assegnazione della casa famigliare. Rappresenta spesso terreno di scontro, visto che la legge definisce regole certe solo in presenza di figli. Normalmente viene assegnata al coniuge affidatario di figli minori o non autosufficienti economicamente. 

Nell’accordo di separazione può essere indicata la suddivisione delle spese. L’abitazione oggetto di assegnazione è esente IMU. 

Saranno poi da valutare con specificità la destinazione dell’auto, la divisione del “denaro” e del conto corrente, tenendo presente anche il regime patrimoniale assunto dai separati durante il matrimonio. 

Tizio e Caia sono in separazione dei beni ed hanno un conto cointestato. Caia asserisce che in realtà è tutto suo, poiché è lei la maggiore contributrice degli accrediti pervenuti. È così?

Anche se i coniugi hanno il regime patrimoniale della separazione, il conto intestato ad entrambi si considera di proprietà comune a meno che Caia non dimostri il contrario.

Quali aspetti successori?

Vi sono differenze se la separazione è stata consensuale o con addebito ad un coniuge.

Prima regola: il coniuge superstite separato consensualmente mantiene gli stessi diritti di quello ancora coniugato rimanendo erede legittimario e, quindi, tutelato dalla legge, che prevede a suo favore una “quota riservata”. Lo stesso principio vale se si è richiesta una separazione con addebito che non abbia ancora prodotto effetti giuridici.

Tra i diritti ereditari del coniuge superstite vi è quello di abitazione sulla casa famigliare. Non è però attualmente univoca l’interpretazione data dalla giurisprudenza circa l’applicabilità di tale diritto al coniuge separato in quanto con la separazione viene meno il dovere alla coabitazione.

Seconda regola: il diritto, se riconosciuto e stabilito, al percepimento dell’assegno di mantenimento periodico, cessa con la morte del coniuge obbligato a versarlo.

Per completezza si precisa che le altre cause che fanno venir meno il diritto sono: l’addebito della separazione, la creazione di una nuova famiglia (anche se di fatto) e ovviamente la rinuncia da parte del beneficiario.

Terza regola: al coniuge separato consensualmente, superstite di lavoratore dipendente, spettano TFR ed indennità di preavviso da ripartire con gli aventi diritto, pensione di reversibilità, pensione indiretta e rendite inali.

In caso di separazione è sempre opportuno fare testamento, indirizzando la quota disponibile secondo le proprie volontà.

Le regole sono diverse se la separazione avviene con addebito.

Se è stata pronunciata sentenza definitiva di separazione, il coniuge superstite perde qualsiasi diritto ereditario, diventa a tutti gli effetti un soggetto terzo, ma viene mantenuto il diritto all’assegno alimentare a carico dell’eredità solo se godeva degli alimenti in precedenza a carico del coniuge deceduto. L’assegno potrà essere periodico od una tantum e sarà commisurato alla massa ereditaria ed alla tipologia e numero degli eredi. Non potrà essere comunque superiore alla prestazione precedentemente goduta. 

Caio può prevedere con testamento che, alla sua morte, a Tizia, coniuge separato, venga tolto l’assegno alimentare?

No. Fermo restando lo stato di bisogno detto assegno sarà a carico dell’eredità. 

Relativamente alle somme dovute agli eredi in conseguenza di un rapporto di lavoro dipendente del defunto il coniuge separato con addebito ha diritto a TFR, indennità di preavviso, pensione di reversibilità (misura massima del 60%), indiretta o rendite Inail solo se al momento della successione godeva di alimenti a carico del coniuge venuto a mancare 

Se la separazione non trova riconciliazione si giunge al Divorzio.

Quanto si deve attendere affinché la crisi da temporanea diventi definitiva e si abbia la cessazione degli effetti civili del matrimonio?

Grazie alle modifiche del 2015, con le quali è stato introdotto il c.d. “divorzio breve”, sono sufficienti 6 mesi in caso di separazione consensuale ed un anno nel caso di quella giudiziale.

La richiesta di divorzio presuppone, oltre il trascorrere dei questi termini, la verifica del giudice dell’impossibilità del rappacificamento. Sono inoltre previste altre cause che possono originare la richiesta di divorzio come ad esempio una situazione di rilevanza penale, matrimonio non consumato, etc…

Per accelerare i tempi è possibile richiedere la pronuncia di una sentenza parziale di divorzio. Ciò determina la cessazione degli effetti civili del matrimonio dal giorno del passaggio in giudicato, ma non conclude la causa in corso, atta a trovare una soluzione definitiva per controversie sorte tra i coniugi. La sentenza è sempre impugnabile da ciascuna parte nonché dal Pubblico Ministero limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci. 

Una volta divenuta definitiva, la sentenza sarà annotata in calce all’atto di matrimonio, a cura dell’Ufficiale dello stato civile del comune dove si sono avute le nozze. Solo allora produrrà effetti nei confronti dei terzi e gli ex coniugi potranno contrarre un nuovo matrimonio.

Quali sonogli effetti patrimoniali e successori del divorzio?

Anche il divorzio vede l’assegnazione della casa famigliare, come prima descritto per la separazione, e la possibile corresponsione di un assegno la cui entità viene stabilita tra l’altro in base alle condizioni economiche dei coniugi, alla durata del matrimonio ed all’apporto dei singoli coniugi alla costituzione/accrescimento del patrimonio famigliare. Nel caso in cui venga erogato in un’unica soluzione, oltre l’accordo tra i coniugi, tale assegno deve essere ritenuto equo da parte del tribunale.

Ci sono eventi che possono portare alla modifica o alla cessazione dell’assegno e sono situazioni personali, nuove nozze del beneficiario, morte di uno dei due.

Con il divorzio si perdono tutti i diritti successori, fatta eccezione all’eventuale assegno che può gravare sugli eredi qualora il coniuge divorziato, non più erede legittimario, si trovi in stato di bisogno.

Tizio dovrà garantire al coniuge divorziato Caia medesimo tenore di vita avuto durante il matrimonio?

La recente cronaca ha evidenziato come la giurisprudenza sia cambiata, basti pensare al caso Lario – Berlusconi (novembre 2017) che ha registrato modifiche nell’entità dell’assegno, che spetta solo se il coniuge beneficiario non possa procurarsi adeguati mezzi di sostentamento.

Da precisare che anche la presenza di figli, il sorgere di altra relazione stabile, l’assegnazione della casa famigliare, l’eredità ricevute dal coniuge obbligato al mantenimento, possono incidere sul quantum dell’assegno.

Per quanto riguarda TFR ed di preavviso, pensione di reversibilità (misura massima 60%) e pensione indiretta, il coniuge divorziato ne avrà diritto solo se titolare di assegno divorzile mensile e qualora non abbia contratto nuove nozze. Alcune specificità per TFR ed indennità: diritto al 40% da valutarsi in base alla coincidenza degli anni di lavoro del de cuiuscon quelli matrimoniali. Le rendite Inail, invece, spetteranno solo se non si abbia un assegno divorzile e non si sia contratto un nuovo matrimonio.

Tizio e Caia hanno costituito un Fondo Patrimoniale: esso rimane valido anche dopo il divorzio?

In linea di principio no poiché cessando gli effetti civili del matrimonio e, quindi, esso si scioglie proprio perché ha come presupposto un valido matrimonio. Esiste tuttavia un’eccezione a tutela della famiglia: esso non cessa se ci sono ancora figli minorenni. In tal caso il fondo dura fino a quando il figlio più piccolo non diventa maggiorenne.

E se i due cuori hanno lo stesso sesso? Oppure, pur in presenza di uno stabile affetto e di convivenza, non si sono sposati?    

La legge “Cirinnà” del 2016 riconosce nelle unioni omosessuali di maggiorenni, che costituiscono un’Unione Civile,mediante dichiarazione di fronte all’Ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni, una specifica formazione sociale con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano.

Gli uniti civilmente acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri: in particolare, dall’unione civile deriva l’obbligo alla coabitazione, quello reciproco all’assistenza morale e materiale e quello di contribuzione ai bisogni comuni, in base alle proprie sostanze ed alle proprie capacità di lavoro professionale e casalingo.

Unica differenza rispetto al matrimonio è l’assenza dell’obbligo di fedeltà. Essi possono definire il regime patrimoniale preferito: in alternativa alla comunione, prevista dalla legge, è possibile scegliere la separazione dei beni. 

Dal punto di vista successorio ilpartnersuperstite risulta erede legittimario e, quindi, avrà diritto ad una quota determinata per legge.

Cosa succede se l’unione va in crisi?

Peculiarità delle unioni civili è che non è richiesto un periodo di separazione ma si passa direttamente al “divorzio immediato” che può essere chiesto anche disgiuntamente davanti all’Ufficiale di stato civile. Decorsi tre mesi dalla dichiarazione di volontà di scioglimento dell’unione civile i partner potranno proporre la domanda di divorzio che avrà medesima procedura prevista per le coppie in matrimonio.

Quali sono i diritti patrimoniali e successori conseguenti allo scioglimento?

Anche in questo caso può essere previsto un assegno di mantenimento a favore del partner economicamente più debole.

La casa coniugale ritornerà al partner che ne è proprietario, a meno che non esistano figli da una precedente relazione in qual caso il giudice la assegnerà al partner che ne ha l’affidamento.

La pensione di reversibilità spetta al partner superstite divorziato, così come al coniuge divorziato, ma in presenza di determinati requisiti: deve essere titolare di un assegno di mantenimento, non deve aver contratto una nuova unione civile o matrimonio ed il partner deceduto deve aver maturato i requisiti contributivi e retributivi previsti per legge.

Se al momento della morte il partner superstite percepiva un assegno di mantenimento potrà richiedere che sia a carico dell’eredità, purché versi in stato di bisogno. Il pagamento potrà avvenire, anche in questo caso, mensilmente od in unica soluzione. Se il superstite dovesse passare a nuova unione civile o matrimonio, l’assegno si estingue.

Il beneficiario dell’assegno di mantenimento avrà diritto anche al TFR nella misura del 40% dell’indennità totale commisurata agli anni in cui il rapporto di lavoro è conciso con la durata dell’unione coincide.

La legge “Cirinnà” ha disciplinato inoltre le “convivenze di fatto”: coppie omo od eterosessuali che decidono, in base al rapporto affettivo che li lega in comunione di vita, di convivere stabilmente, senza essere unite in matrimonio/unione civile tra loro. 

È necessario che i conviventi, presso l’anagrafe del comune di residenza, effettuino una dichiarazione con la quale comunichino di vivere nello stesso comune e nella stessa casa. Così facendo la convivenza risulterà dallo stato di famiglia.

Da questa tipo di convivenza deriva l’obbligo di assistersi moralmente e materialmente, il diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali ed altri ancora.

Se i conviventi vogliono possono disciplinare in maniera dettagliata le modalità di gestione della vita famigliare con i contratti di convivenza, in assenza dei quali è la legge ad individuare le regole basilari. All’interno del contratto potrà essere inserita la convenzione patrimoniale della comunione come alternativa a quella della separazione che risulta di default. 

Tizio separato convive con Caia e vorrebbe iscrivere questa convivenza di fatto presso l’anagrafe, può farlo?

No. Per poter essere una “coppia di fatto” iscritta non si può essere legati da matrimonio neanche con terze persone. Quindi il separato dovrà prima ottenere la sentenza di divorzio.

Cosa succede se la convivenza di fatto va in crisi?

Per sua natura non è applicabile né la separazione né il divorzio. Gli aspetti patrimoniali di un eventuale scioglimento possono essere inseriti nel contratto di convivenza. 

Alla cessazione comunque il giudice potrà attribuire all’ex convivente più debole, che sia in stato di bisogno, il beneficio degli alimenti che verranno corrisposti dall’altro. Non si tratta comunque di un beneficio illimitato nel tempo poiché sarà commisurato all’effettivo bisogno. 

Secondo la legge, se la casa nella quale abita una coppia in convivenza appartiene ad uno dei partner, l’altro non ha nessun diritto sull’immobile (3).Ove siano presenti figli minori, però, la casa famigliare verrà assegnata al genitore affidatario a prescindere dal titolo di proprietà.

(3) La Corte di Cassazione In una sentenza ha affermato che la convivenza more uxorio, dando vita a un consorzio familiare, determina sulla casa di abitazione comune un potere di fatto basato su un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, e il convivente non proprietario non è un semplice ospite ma un membro della famiglia a ogni effetto.

Quali sono i diritti successori?

Il convivente superstite non vanta alcun diritto salvo un temporaneo diritto d’uso e abitazione sulla casa di comune residenza.

Per questo è opportuno provvedere alla tutela del convivente attraverso testamento, polizze o altri strumenti.

Ciao Giuliana, un forte abbraccio e…. arrivederci a presto.

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

FRATELLI E SORELLE (Dialoghi successori) 510 340 admin

FRATELLI E SORELLE (Dialoghi successori)

CIAO MASSIMO, COME VA? TUTTO OK SPERO… ASCOLTA, CHE NE DICI DI FARCI UNA CHIACCHIERATA “SUCCESSORIA”?

…tutto ok… grazie…. ma in ferie niente? ….più avanti?…. va beh, dai…. parliamone….

…..FRATELLI E SORELLE…. DAL PUNTO DI VISTA SUCCESSORIO…. COME FUNZIONA?

 Cominciamo dall’inizio, che nn guasta mai…. cerchiamo di capire che cosa significa dal punto di vista “tecnico-giuridico” essere fratello/sorella.

….ESATTO, BRAVO….

….grazie…. allora, i termini fratello (dal latino frater) e sorella (dal latino soror) vanno a definire quel particolare rapporto di parentela che lega un individuo rispetto ad altri figli di medesimi genitori.

Due persone, quindi, sono fratello/sorella tra loro quando condividono (giuridicamente e/o biologicamente) entrambi i genitori.

Per l’esattezza, si tratta di un rapporto di parentela collaterale di secondo grado.

E SE I DUE SOGGETTI NN HANNO IN COMUNE ENTRAMBI I GENITORI?

….a volte si sente parlare di “fratellastri”….

...SI ESATTO, I FRATELLASTRI…..

….che è brutto, a me nn piace, è evidentemente dispregiativo….. si tratta di persone che condividono un solo genitore: il termine fratellastro è quindi sinonimo di fratello unilaterale.

A volte poi, erroneamente, si va oltre, e si parla di fratellastri anche quando uno dei genitori di un soggetto ha sposato uno dei genitori dell’altro: in realtà in questo caso i due figli dei loro rispettivi genitori non sono neanche parenti tra loro, e quindi nn sono in alcun modo paragonabili né ai ‘fratelli’ in senso proprio e né ai cosiddetti ‘fratellastri’.

Tecnicamente, i due che hanno in comune entrambi i genitori vengono detti fratelli “germani”, mentre se in comune ne hanno solo uno, si chiamano “unilaterali”.

.…I FRATELLASTRI, QUINDI SN FRATELLI UNILATERALI…..

….bravissimo, poi va anche detto che se tra loro condividono il padre si chiamano “consaguinei”, mentre se condividono solo la madre “uterini”.

….AH… INTERESSANTE…..

…se facciamo riferimento alle culture più antiche o a nuclei familiari arcaici, caratterizzati da strutture parentali ampie, venivano definiti fratelli anche i figli di fratelli dei genitori (figli degli zii), quelli che oggi si definiamo esclusivamente cugini…. da noi no, cosa dici? Teniamoci i fratelli e sorelle, che va già bene così e i cugini magari lasciamoli dove sn ed evitiamo di scomodarli….

….QUINDI, IN DEFINITIVA, FRATELLO/SORELLA SN DUE SOGGETTI CHE HANNO ENTRAMBI O ALMENO UNO DEI GENITORI IN COMUNE….

…. yes, bravissimo…. tieni presente, però, che i fratelli poi possono anche essere “adottivi”, cioè adottati da una medesima coppia di genitori. In tal caso avremmo un vincolo meramente giuridico e nn di sangue (adozione legittimante).

….BEH CERTO, CHIARISSIMO

Un caso particolare, però, di adozione, è quella relativa all’adozione del maggiore di età, che nn attribuisce all’adottante alcun diritto di successione nei confronti dell’adottato (art. 304 c.c.) mentre l’adottato conserva ogni rapporto con la sua famiglia di origine oltre che verso quella adottiva.

….QUINDI TI CREI UN EREDE CHE MANTIENE PERO’ DUE FAMIGLIE…. E DUE EREDITA’?

….esatto, bravissimo…

….ECCO, COME FUNZIONA DAL PUNTO DI VISTA SUCCESSORIO….

…semplice, nella successione legittima i fratelli e sorelle sn compresi tra i successibili. Cioè, in mancanza di testamento, quindi in presenza di una successione legittima, se tu de cuius nn lasci figli, concorrono con l’eventuale coniuge (o la parte superstite dell’unione civile), fratelli insieme ai genitori e, in mancanza di questi, succedono i soli fratelli/sorelle, escludendo tutti gli altri eventuali parenti.

.…QUINDI I FRATELLI EREDITANO SEMPRE IN MANCANZA DI FIGLI…..

….no, calma….. tu puoi escluderli con testamento, in quanto a fratelli e sorelle nn spetta alcuna quota di riserva.

….E LE IMPOSTE DI SUCCESSIONE?

Dal punto di vista fiscale-successorio sn soggetti ad una aliquota del 6% sul valore complessivo dei beni ricevuti, con una franchigia pari ad € 100 mila.  La franchigia viene elevata ad € 1,5 mil per i portatori di handicap grave….

…. BUONO DAI… FANTASTICO…… ADESSO VADO…. ALLA PROSSIMA, GRAZIE FRATELLO…..


MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

IMPOSTA DI SUCCESSIONE (QUEL COACERVO CHE C’E’ E NON C’E’) 604 340 admin

IMPOSTA DI SUCCESSIONE (QUEL COACERVO CHE C’E’ E NON C’E’)

Tutto ha inizio con quelle due bellissime sentenze della Cassazione del 2016 (la 24940 del 6 dicembre, e la 26050 del 16 dicembre).

Sto parlando del coacervo delle donazioni sulle successioni…. avete presente no?

Mi spiego… il valore delle donazioni fatte in vita, va a diminuire per pari importo il valore della franchigia in sede successoria…. se tu doni a tuo figlio in vita per 500mila, tuo figlio quando tu nn ci sarai più, avrà una franchigia ridotta a 500mila e nn più il milione…. questo è il “meccanismo fiscale-successorio” del coacervo….

Ma arrivano le due celebri sentenze di fine 2016, e i giudici del Palazzaccio ci dicono che oramai nn funziona più così….

Bene direte voi…. meglio così, no? ….e invece no… xché l’amministrazione finanziaria nn è dello stesso parere….

Cosa ne penso io?

Partirei da una piccola-grande certezza: considerato che nel periodo 2001-2006 l’imposta di donazione era stata abrogata, mi par di poter affermare che almeno le donazioni fatte in quel periodo possano considerarsi irrilevanti ai fini del coacervo (se nn erano tassabili prima xché dovremmo tassarle ora…) e che quindi nn vadano a scalfire la franchigia post mortem….

Bene…. cerchiamo di andare un po’ oltre però…. il meccanismo del coacervo presentava sicuramente la sua logica nel vecchio sistema fiscale successorio ove erano presenti aliquote progressive…. diciamo che si voleva giustamente evitare che spezzettando le donazioni in tante piccole donazioni, si eludesse la progressività delle aliquote….

La ratio del coacervo, quale finalità antielusiva, però, appare evidente che viene meno con l’introduzione della nuova disciplina fiscale successoria (342/2000) che ha introdotto il sistema ad aliquote e franchigie fisse e nn più progressive….

Le due celebri sentenze del 2016 affermano proprio questo: essendo mutata la normativa di riferimento, e venuto meno il presupposto in relazione al quale era stato introdotto il meccanismo del coacervo, quella regola, oggi, nn ha ragion di esistere e, di fatto, si sarebbe realizzata una tacita abrogazione dello stesso….

Tacita abrogazione? Ma nemmeno per sogno dice l’amministrazione finanziaria, che nn è dello stesso parere….. e, con varie argomentazioni, ritiene sia tutt’ora uno strumento necessario per evitare elusioni….

In realtà, legge alla mano, pur ammettendo l’abrogazione del coacervo, è evidente che gli strumenti esistenti a disposizione dell’amministrazione finanziaria per bloccare i più furbetti e creativi, ci sn comunque: esiste sempre la concreta possibilità da parte dell’amministrazione finanziaria di ritenere nn opponibili a sé gli atti costituenti abuso del diritto (art. 10 bis, Statuto del Contribuente).

Ma torniamo a noi…. cosa segnaliamo a livello giurisprudenziale dp le due celebri sentenze del 2016?

Sentenza 11677/2017 che sposa appieno la tesi (contraria) della Pubblica Amministrazione….

Poi due recentissime ordinanze della Corte di Cassazione, 12779/2018 e 758/2019, che sposano appieno la tesi dell’abolizione del coacervo…..

Dunque? …..dunque niente…. è evidente che c’è ancora molta confusione ed incertezza attorno alla questione….

Voi che ne dite, tenuto conto dell’importanza della cosa, sarebbe forse necessario un intervento a livello centrale-legislativo, per fare un po’ di luce?

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

LA DISEREDAZIONE: POSSIBILE? 510 340 admin

LA DISEREDAZIONE: POSSIBILE?

Nell’antico diritto romano, il pater familias, con il proprio testamento, poteva escludere dalla propria successione ereditaria un figlio, magari verso il quale nutriva dei particolari risentimenti…. lo diseredava….

Oggi, è possibile diseredare un figlio?

Beh… oggi le cose sn un po’ cambiate…. Il pater familias  nn è più il pater familias  di una volta, i figli forse si o forse no….

Ciò che sicuramente è cambiato, però, è il diritto successorio….. anche il peggior figlio del mondo, avanti all’ordinamento giuridico, oggi è un erede necessario…. e se escluso dalla successione del proprio genitore, ciò che per legge gli spetta, se lo va a prendere….  (quota di legittima, azione di riduzione e via dicendo….)

Cambiamo scenario: nn sei un pater familias,  nn sei sposato, nn hai figli…. hai però il tuo buon patrimonio…. a chi andrà quel bel patrimonio quando nn ci sarai più?

Per legge, ai tuoi parenti…. si chiama successione legittima, ed è automatica in mancanza di diversa disposizione testamentaria….

E allora cominci a pensare alla parola parenti, che apre scenari fantastici…. e pensi, pensi, fino a che realizzi che c’è anche lui….  eccolo, sì, proprio lui… LUI E’ TUO PARENTE….  anche lui, quindi, è un tuo successibile…..

Eh no…. tutti ma A LUI NO!

Vedi…, purtroppo, i parenti nn si possono scegliere, sn quelli che sn, piaccia o nn piaccia…. 

…..mi torna in mente un vecchio modo di dire, se nn sbaglio…. parenti-serpenti…. 

Tranquillissimo, però, la soluzione ovviamente c’è, è semplicissima, si chiama testamento…. significa che decidi tu, in massima libertà (nn avendo ascendenti, discendenti e coniuge) a chi dovrà essere destinato il tuo patrimonio…. così LUI (il serpente) esce dai giochi….

(10 anni dopo….)

Si apre la tua successione, viene pubblicato il tuo testamento olografo….

“…..escludo dalla mia successione legittima  LUI (il serpente)….”

beh…..in realtà io ti avevo suggerito una cosa diversa…. ti avevo suggerito di indicare te chi desideravi fossero i tuoi futuri eredi, mentre tu hai l’esatto contrario: hai scritto semplicemente chi nn volevi fosse tuo erede….

….avendo semplicemente escluso la persona espressamente indicata, si tratta di uno scritto testamentario contenente una mera disposizione negativa, senza alcuna indicazione positiva su chi invece dovrebbe essere tuo erede….

E’ valido un testamento con tale tenore, ossia un testamento contenente una mera diseredazione?

Allora, fermo restando che un testamento nn legittima la possibilità di diseredare un legittimario (i cui diritti ereditari rimangono integri ed impregiudicati), ciò nn esclude la possibilità di diseredare un erede legittimo nn legittimario (serpente).

L’orientamento giurisprudenziale più recente, infatti, riconosce in maniera sempre più ampia la possibilità di disporre della propria successione per il tramite di disposizioni atipiche, superando la rigidità classica che ruota attorno ai concetti di erede-legato….

La Suprema Corte (sent. n. 8352/2012) chiarisce che una disposizione testamentaria, per poter essere considerata valida, nn deve necessariamente contenere una attribuzione di beni ereditari a titolo di erede o legato, ma può avere anche un contenuto atipico, e può consistere anche in una mera diseredazione espressa, con la quale il testatore comunque regola in base alle proprie volontà la sua successione, escludendo il diseredato ed aumentando, di conseguenza, la quota degli altri eredi legittimi.

Capito? …pensa ai tuoi serpenti… ohhp, scusa…. intendevo dire parenti, e fai la tua scelta….

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

IL TESTAMENTO (Fulvia Catone) 510 340 admin

IL TESTAMENTO (Fulvia Catone)

Non moltissimo tempo fa, tenni una conferenza all’IT FORUM di Rimini. Il tema trattato era il ruolo del consulente nella pianificazione patrimoniale. La sala era gremita, tant’è che non c’erano più posti a sedere disponibili.

Mentre parlavo, tra tutte le persone presenti in sala, la mia attenzione era catturata da una biondina, che per tutto il tempo rimase ad ascoltare in piedi, con la spalla appoggiata al muro, e gli occhi quasi “rapiti” dalle mie parole, dalla mia “visione”, dalla mia “versione” dell’universo patrimoniale….

Terminata la mia esposizione, come di consueto, molti si avvicinavano, chi per una semplice stretta di mano, chi per un bigliettino da visita, chi per qualche chiarimento tecnico.

Poi arriva lei, la biondina, che mi dice: “Io voglio fare questo“…. “Come?” dico io… “Io voglio essere questo, mi dica cosa devo fare“…

Ecco… la biondina è Fulvia Catone, e oggi Fulvia, con passione, curiosità, determinazione è questo…. Fulvia è diventata quello che voleva essere… Fulvia è una consulente patrimoniale evoluta…. una professionista che sa parlare con le persone dei loro interessi patrimoniali, che sa cogliere le loro criticità ed evidenziarne le opportunità…. una professionista che ha acquisito le competenze tecniche e relazionali necessarie a poter gestire e programmare in modo armonico ed integrato i vari assets patrimoniali di persone e famiglie….

Oggi, con estremo piacere, vi lascio in compagnia di quella biondina, e della sua bella ed originale relazione su un tema a me particolarmente caro: la programmazione successoria della ricchezza.

L’altra mattina mentre prendevo il caffè ho involontariamente origliato la conversazione di due signore, in piedi al bancone accanto a me. L’una esprimeva all’altra un profondo dolore per la scomparsa del padre.
“Mi spiace tanto, io l’ho conosciuto era una bellissima persona. Posso solo immaginare quanto ti mancherà.”
“Grazie….” sospira profondamente, poi accenna un sorriso e quasi a voler invertire le parti ora è lei a consolare l’amica dicendole : “Dai, sai com’è…si nasce e si muore, le uniche certezze della vita”. (Insieme alle tasse, penso tra me e me…). In ogni caso, questa frase così semplice e diretta cattura la mia attenzione e di rimando accenno un sorriso anche io.

“Adesso il casino è tutto quello che segue alla sua morte” – continua lei. “Cosa vuoi, lui se n’è andato in pace come aveva sempre desiderato. Restiamo noi della famiglia a gestire tutto il resto. Che poi, con mio fratello Luca non si parlavano quasi più, sono sempre stati cane e gatto, mia sorella Giulia abita lontano da noi, molto spesso è all’estero per lavoro, mia mamma meglio se la lascio fuori da tutto, in questo momento è già abbastanza spaesata così….alla fine dovrò occuparmene io e solo al pensiero di dover gestire le case, i conti in banca, e tutte le altre cose c’è da stare male!” 

In effetti è proprio così che accade, solitamente le questioni pratiche e i cambiamenti economici legati ad un decesso diventano centrali tra gli eredi, anche quando non si hanno le energie e spesso anche le competenze necessarie per occuparsene. In più, a volte, le questioni che si aprono con la scomparsa di un coniuge, di un genitore o di un altro congiunto sono più ingarbugliate e complesse di quello che si possa pensare, indipendentemente dalla consistenza e varietà del patrimonio lasciato.

Ho pagato il caffè e sono uscita pensando proprio a questo, a come di fronte ad una delle pochissime certezze che abbiamo nel corso della nostra esistenza, spesso arriviamo totalmente impreparati. Non parlo chiaramente solo dell’aspetto emotivo e affettivo legato alla scomparsa di un familiare, quanto e soprattutto di ciò che ruota intorno alla sfera patrimoniale. Perché se da un lato è vero ed incontestabile che ognuno di noi prima o poi passi a miglior vita (si spera più poi che prima!), dall’altro è auspicabile e programmabile farlo in pace, lasciando ordine e armonia.

La legge, asettica ed impersonale, dichiara che la successione, cioè il trasferimento dei diritti e dei doveri patrimoniali ed economici, si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Da quel momento gli eredi subentrano al suo posto nella titolarità dei diritti e doveri, e danno inizio al percorso che li separa dai beni che ha lasciato.

Ma ecco che si presenta subito il primo bivio: di che tipo di successione stiamo parlando?

Siamo nel campo della successione legittima, quella in cui ereditano i parenti previsti dalla legge nelle quote prestabilite, oppure siamo in quello della successione testamentaria, cioè quella con la quale il de cuiuslascia indicazioni e disposizioni precise, redigendo un testamento? 

In Italia la maggior parte avviene ancora nel primo modo, nonostante il legislatore abbia previsto nel codice civile ben 125 articoli dei 353 riguardanti le successioni, proprio su questo istituto giuridico. Allora come mai ancora così poche persone decidono di fare testamento?  Da un lato credo non venga sentita come una reale necessità, magari perché si pensa di non avere patrimoni consistenti né situazioni famigliari complicate. Sicuramente anche il fatto che la legge italiana sia particolarmente precisa e dettagliata nel disciplinare la materia contribuisce a fornire un certo grado di sicurezza relativamente ai propri beni: se é già tutto regolato, perché dovrei “intromettermi” per decidere quali saranno le persone che prenderanno il mio posto quando non ci sarò più? 

Penso esista, infine, anche una certa dose di “scaramanzia” nell’affrontare questo tema, forse perché in cuor nostro abbiamo la tendenza a considerarci eterni, in alcuni casi anche oltre la morte fisica. Proprio a tal proposito mi ha fatto sorridere un aneddoto raccontato da un’amica :

“Sai, io e Alberto (il marito) parlavamo di quando non ci saremo più, allora io gli ho proposto di stare vicini per sempre, l’uno accanto all’altro….” 
“E lui cosa ti ha risposto?”
“Ha detto : Eh no! Il contratto recita < finché morte non ci separi > dopo ognuno per la propria strada!” 


Esistono tuttavia casi in cui sarebbe quasi d’obbligo fare testamento. Parlo ad esempio di una coppia di conviventi che trascorre una intera vita insieme, alla stregua di qualsiasi coppia di coniugi. Per la legge italiana, pur così articolata e dettagliata, i conviventi non hanno diritti successori. In parole semplici, significa che alla morte di uno l’altro non verrà riconosciuto come erede, a meno che non venga, appunto, redatto un testamento, attraverso il quale lasciare disposizioni in suo favore. Sarebbe proprio una brutta sorpresa scoprire che i beni di una vita vengono lasciati ad un cugino, che magari abbiamo per sbaglio incrociato ad un pranzo di Natale, solo perché è la legge che lo decide!

Ma quindi è sempre necessario fare testamento? 

La risposta è: dipende! 

Anche la situazione familiare e patrimoniale all’apparenza più semplice può talvolta nascondere insidie. Basti pensare che in presenza di una successione legittima si diventa coeredi, cioè si partecipa insieme ad altri all’eredità. E se i figli del signore di cui ho parlato, la pensassero in maniera diversa rispetto alla gestione degli immobili? Nell’ipotesi in cui uno di loro fosse più propenso alla vendita della vecchia casa ereditata, che magari necessita anche di ristrutturazioni, e volesse “far cassa” subito, mentre la sorella reputasse più vantaggioso apportare le migliorie e mettere a reddito, con quale costo e con quale fatica le parti potrebbero trovare un accordo? E se invece fosse il testatore a decidere a chi va cosa, proprio perché conosce le dinamiche interne alla propria famiglia? Beh, di certo questo tipo di pianificazione, fatta in vita e quindi priva di quel forte impatto emotivo conseguente al decesso che spesso complica anche le decisioni più semplici, potrebbe produrre risultati sicuramente più armonici.

Esiste tuttavia una categoria privilegiata di eredi ai quali la legge riserva una parte di patrimonio (la quota di legittima) a prescindere dai desiderata del testatore. Sto parlando dei legittimari, cioè le persone che ereditano comunque, anche in presenza di testamento: il coniuge (purché non separato per colpa o divorziato), il partner riconosciuto con un’unione civile che viene equiparato al coniuge, I figli legittimi, naturali, legittimati, adottati, gli ascendenti legittimi ovvero i genitori (anche di figli adottivi). In assenza dei genitori, se viventi, i nonni o eventualmente i bisnonni.

Attenzione ad una piccola ma importante distinzione (che sembra quasi uno scioglilingua): i legittimari sono sempre anche eredi legittimi (ereditano per legge anche in assenza di testamento) ma non tutti gli eredi legittimi (fratelli, nonni, bisnonni, zii, prozii, cugini, procugini) sono legittimari.

Il testatore ha comunque un ampio margine di manovra e di libertà; può infatti decidere della quota disponibile, stabilita anche questa a monte sempre dalla legge.

E cosa accade se invece il testatore è di manica un po’ larga nei confronti di un erede, sacrificando la parte di un altro? In altre parole, cosa succede se c’è lesione della LEGITTIMA?

Il nostro ordinamento prevede che chi è stato leso possa (ma non sia in alcun modo obbligato) far valere le proprie ragioni, fino al ripristino delle quote a lui spettanti. Oppure accettare le volontà del defunto senza fare opposizione formale.

Inoltre, se gli eredi sono tutti d’accordo tra di loro, non è affatto detto che debbano rispettare le volontà del defunto. Questi, infatti, possono tranquillamente scambiarsi i beni a loro destinati in sede di divisione. Se non c’è contesa infatti, non serve nessun atto ulteriore da compiere e nessuno li perseguirà. Le contestazioni e impugnazioni del testamento derivano sempre e comunque da liti fra gli eredi.

Allo stesso modo se invece gli eredi desiderano, di comune accordo, di dar corso alle disposizioni del defunto anche se lesive delle quote di legittima, nessuno glielo impedirà. 

Le tipiche censure mosse verso un testamento, ad opera di un erede insoddisfatto, sono solitamente l’incapacità di intendere e di volere al momento della stesura (ecco perché spesso si scrive “io sottoscritto Pinco Pallino, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali….), la falsità della scrittura, della firma, e come abbiamo appena visto, la lesione della legittima. Ecco perché non è assolutamente consigliabile scrivere il proprio testamento durante il pranzo di matrimonio di un parente, nonostante si abbia proprio in quel momento la possibilità di osservare tutta la compagine familiare e di deciderne le sorti in campo patrimoniale, una volta passati a miglior vita. Potrebbe sempre venir fuori, più tardi, magari proprio davanti al notaio che ha appena ricevuto il nostro olografo, il filmato che testimonia un elevato tasso alcolico e diventare questa la causa di impugnazione delle ultime volontà.

Ma nel dettaglio, com’è fatto un testamento? 

Il nostro ordinamento parla di atto revocabile con cui un soggetto (il testatore) dispone delle proprie sostanze o di una parte di esse, ovvero lascia disposizioni di carattere non patrimoniale, per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Finora abbiamo parlato di beni, di averi, di patrimonio insomma, e adesso scopriamo che il testamento può contenere anche disposizioni che esulano da questo ambito? Certamente sì. Per esempio potrei ricorrere al testamento per riconoscere un figlio naturale, o per dare disposizioni inerenti il rito funebre o la sepoltura o anche più semplicemente riempirlo di confessioni, anatemi, accuse, amore o fede.

Ecco perché tifo quasi come un ultras per il testamento, che oltre ad essere un utilissimo strumento di tutela rappresenta anche una delle massime espressione della libertà individuale: posso decidere se farlo o meno, posso decidere come farlo, cosa scrivere e infine posso cambiare idea ogni volta che voglio, almeno fino a che sono vivo, fino all’ultimo mio respiro. Oltre non è possibile andare, a quel punto i giochi sono fatti!

E’ un atto personale, non delegabile, non posso infatti incaricare qualcun altro di farlo al posto mio. E’ anche un atto formale poiché sia la tipologia che la forma sono previste dalla legge. A tal proposito distinguiamo tra:

  • testamento olografo, un semplice foglio scritto a mano di proprio pugno, contenente la data, il giorno e la firma del testatore. 
  • testamento pubblico, dettato davanti ad un notaio alla presenza di due testimoni maggiorenni.
  • testamento segreto, o mistico con il quale il testatore consegna una busta contenente le proprie volontà anziché dettarle direttamente al notaio. E’ questo l’unico caso in cui posso ricorrere alla scrittura meccanica (ad esempio tramite computer), ma devo comunque apporre la firma in ogni foglio che lo compone.

Le nostre volontà possono essere arricchite da condizioni, termini, modi, a patto che non siano impossibili od illecite o contrarie a norme imperative.

Può accadere che un erede chiamato a succedere, non possa o non voglia accettare l’eredità. Ecco che a questo punto subentrano al suo posto, per rappresentazione, i figli che si prenderanno tutti insieme la quota spettante in origine. Se non è possibile operare con la rappresentazione (ad esempio perché non ci sono discendenti) si passa all’accrescimento: la quota iniziale viene divisa in parti uguali tra tutti gli eredi. 

Attraverso il testamento è possibile prevedere e prevenire queste ipotesi, sostituendo l’erede perciò si potrebbe scrivere: “lascio tutti i miei beni a mia moglie Assunta, e nel caso lei non possa o voglia accettare le sostituisco mia sorella Diletta”.

Un ultimo breve accenno su invalidità e inesistenza del testamento. Per rendere più chiari questi concetti possiamo parlare di invalidità quando il testamento contiene dei vizi che possono portare alla nullità o all’annullabilità: nullità quando manca uno dei requisiti (la sottoscrizione di proprio pugno e la firma), annullabilità quando manca la data, oppure nel caso di incapacità di intendere e di volere.

Riguardo l’inesistenza possiamo far riferimento al testamento nuncupativo: sul letto di morte, sentendo sopraggiungere la mia ultima ora convoco tutta la famiglia al mio capezzale per dare le mie disposizioni oralmente. Venendo a mancare la forma scritta si considera testamento inesistente.

In ultimo mi permetto un utile consiglio, nel caso abbia fatto nascere curiosità ed interesse per questo argomento: se decidete di fare testamento affidatevi ai consigli di un serio professionista. Fare da soli, non è sempre una buona idea perché la legge è molto complicata, cambia frequentemente e molto spesso può capitare che nel tentativo di mettere ordine si crei in realtà confusione.

Se invece siete tra i pochi che l’hanno già fatto, provate a rileggerlo ed eventualmente aggiornarlo; magari potreste scoprire che contiene ancora disposizioni su un immobile venduto anni addietro, o che invece non contiene indicazioni su come rintracciare le vecchie polizze sottoscritte nel corso degli anni.

Grazie Fulvia, per la passione che ci metti e per i tuoi sorrisi, la simpatia, l’ironia che ti rendono sempre così unica e preziosa…. Un caro abbraccio alla mia amica patrimonialista.

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

ESECUTORE TESTAMENTARIO 429 340 admin

ESECUTORE TESTAMENTARIO

Buongiorno, sn il sig. XXXXXXXX. Ho fatto un testamento, sn stato correttamente informato, sensibilizzato, responsabilizzato….. ho scritto le mie volontà, ho deciso, programmato, guardato, diciamo così, per il futuro della mia patrimonialità, per le persone a cui tengo di più….

Bene, tutto molto bene…. ora però mi sorge un piccolo dubbio….. il mio testamento produrrà i suoi effetti quando io, l’autore, il protagonista assoluto di quelle volontà, nn ci sarò più….. chi mi assicura che, in mia mancanza, quelle volontà, quel progetto andrà effettivamente eseguito?

Sig. XXXXXXX, il suo dubbio è legittimo e condivisibile…..

Diciamo che le torna d’aiuto l’istituto dell’esecutore testamentario, disciplinato agli articoli 700 e seguenti del codice civile.

Di che cosa si tratta….. semplice, lei testatore dà pieno compimento alla sua opera, nominando una persona di sua fiducia, a cui affida il compito di dare puntuale esecuzione alle volontà espresse nel testamento… diciamo che significa “guardare lontano”, e nn lasciare nulla al caso….

Chi può essere nominato esecutore testamentario?

Il codice, all’articolo 701, in realtà, stabilisce chi non può essere nominato esecutore e, precisamente “Non possono essere nominati esecutori testamentari coloro che non hanno la piena capacità di obbligarsi”. Cioè?

Cioè chi nn ha la capacità d’agire, o il fallito ad esempio…. tieni presente che potrebbe essere anche uno degli eredi volendo….

La ringrazio, capito benissimo, procedo con la nomina….

Grazie a lei sig. XXXXXX, si figuri.

Buongiorno, sn il sig. YYYYYYYYY

Buongiorno sig. YYYYYYY, in cosa posso esserle utile?

Sono stato nominato esecutore testamentario da un certo sig, XXXXXX…. nn so chi gli ha dato consiglio, ma così risulta dal suo testamento…..

Mah…. nn so…. comunque parliamone pure……

Mi dica una cosa…. quanto dura intanto questo incarico?

L’articolo 703 del c.c., al terzo comma è stabilito che non dovrà durare più di un anno salvo proroga dell’autorità giudiziaria e, in ogni caso, la proroga non potrà eccedere un ulteriore anno.

E cosa dovrò fare nello specifico?

L’esecutore, dal momento dell’accettazione dell’incarico, entra nel possesso dei beni ereditari e ne deve curare l’amministrazione “come un buon padre di famiglia”. Tenga presente che per quanto attiene a tutti gli atti di ordinaria gestione non dovrà chiedere alcuna autorizzazione giudiziale preventiva, mentre per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, come ad esempio alienare beni dell’eredità, dovrà essere autorizzato dal giudice competente per l’apertura della successione. Ove però la vendita di beni ereditari sia prevista nel testamento, l’esecutore non dovrà chiedere alcuna autorizzazione.

…..mi scusi….. ma devo accettarla per forza questa nomina?

L’articolo 702 del codice civile disciplina l’accettazione della nomina, che dovrà avvenire nella cancelleria del tribunale competente per la successione. Diciamo che nn vi è alcun obbligo di accettare, ed il “nominato” può rinunciare espressamente all’incarico nella stessa forma con cui potrà accettare o, semplicemente, non accettare proprio.

E quando cessa l’incarico?

Diciamo che sn previste varie ipotesi….. in primis, aver ottemperato ai propri compiti…. poi, eventualmente, motivo di cessazione potrebbero essere la perdita della capacità, la morte, la rinuncia, l’impossibilità di portare a termine i compiti ricevuti….


Ottimo, capito tutto…. anzi, un’ultima cosa…. ma l’esecutore testamentario è retribuito?

…..eh…. lei guarda lontano sig. YYYYYYYYY….. vede, in linea di massima si tratta di un ufficio gratuito (art. 711 del c.c.)…. Il testatore ha tuttavia può stabilire una retribuzione a vantaggio dell’esecutore…..

Come? Nn ha previsto alcuna retribuzione a suo favore?

……il sig. XXXXXXX guardava lontano….. più lontano di lei…..

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

L’EREDITA’ AI NONNI? 453 340 admin

L’EREDITA’ AI NONNI?

Pronto? Siii? Chi parlaaa? ……comeeee? ….ah…. ciao, ciao….. come va, tutto ok? Dove sei di bello?

.….appena tornato da un bellissimo viaggio in Iraq in bicicletta, ora nel week end ciò l’attraversata della Manica in deltaplano…. poi parto subito per la maratona di Mogadiscio….

…..interessante…. ma guarda, peccato avere impegni altrimenti ci venivo anch’io….

senti…. a volte ci si pensa….. dovesse mai succedermi qualcosa….. sono figlio unico, orfano, divorziato, nn ho figli….. se vengo a mancare a chi va tutto quello che ho?

…. beh, se fai un minimo di testamento, a chi ti pare, mentre se nn lo fai a chi prevede la legge….

….e a chi prevede la legge?

Hai nonni o bisnonni in vita?

Si…., perché?

…..seguimi, faccio in fretta, ti riporto pari pari quello che ti dice il tuo bellissimo codice civile all’art. 569 c.c., primo comma:

A colui che muore senza lasciare prole, nè genitori, nè fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l’ altra metà gli ascendenti della linea materna”

…..ah, ok, quindi intervengono i nonni…..

…si, diciamo, più correttamente, gli ascendenti…..

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.….ma a quali nonni? Parte mamma o parte papà?

beh, se ci sn tutti, per metà ai nonni materni e per l’altra metà ai nonni paterni….

.….bene, capito, capito…. tutto chiaro…… e se per caso avessi la nonna da parte di mamma, e nonna e nonno da parte di papà?

…..nonnina da parte di mamma si prende il suo bel 50% e i nonnini da parte di papà il loro 50% tra loro due insieme….

.…..e se invece avessi i due nonni da parte di papà e dalla parte della mamma i due bisnonni e nn i nonni? E’ sempre 50 e 50?

No, cambia lo scenario…. l’articolo 569 c.c., (hai presente no? quello di prima…) lo prevede espressamente al comma secondo:

Se però gli ascendenti non sono di eguale grado, l’eredità è devoluta al più vicino senza distinzione di linea”.

…..sta a significare che va tutto ai due nonnetti da parte di papà, e niente ai poveri bisnonni da parte di mamma…. vedi, la regola è che la successione ha luogo per linee (materna e paterna) ove gli ascendenti siano dello stesso grado, mentre avviene per gradi (e quello più vicino escluderà quello più lontano) quando gli ascendenti delle due linee sono di grado diverso.

…bene, tutto chiaro, ti ringrazio…. io comunque ciò solo una nonna….

…..e allora chiamala, dille che se tu vieni a mancare lei si passa una bella vecchiaia serena, che è l’unica tua erede legittima e che…. essendo parente in linea retta, cià pure una franchigia di un milione…..

Un caro saluto alla nonna!

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

LA DONAZIONE (Autrice: Anna Maria Gardinali) 510 340 admin

LA DONAZIONE (Autrice: Anna Maria Gardinali)

Con estremo piacere oggi ho deciso di pubblicare una bellissima ed originale relazione, scritta dalla mia carissima amica Anna.

Ho avuto il privilegio di avere Anna tra i miei studenti in occasione del mio Master “Il Patrimonialista” e del successivo “Perini Top Training”.

Anna è una signora intelligente, raffinata, “a modo”.

Anna è una professionista di altissimo spessore, che sa unire alle proprie capacità tecniche, spiccate doti umane e relazionali.

La mia amica Anna Maria Gardinali è una vera Patrimonialista.

Vi lascio in compagnia di Anna e vi auguro una piacevole lettura.

L’eccezione più comune di dono è quella che si accompagna al concetto di gratuità e generosità; è ciò che viene dato per un puro atto disinteressato, per amore, beneficenza o riconoscenza.

Il dono deve avere alcune caratteristiche essenziali: deve essere un atto libero, non vi deve essere coercizione. Ma è sempre così od anche il dono nasconde delle insidie?

La letteratura ci mostra come, accanto all’eccezione positiva e benefica vi sia spazio per un tipo di donazione, il cosiddetto dolòs, che significa inganno. Il primo celeberrimo ambiguo dono della tradizione è stata LA MELA. Adamo ed Eva potevano mangiare tutti i frutti di qualsiasi albero tranne quelli dell’albero della scienza del bene e del male: IL MELO. Il serpente diabolico con l’inganno convinse Eva a mangiare la mela dicendole “anzi Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Eva mangia la mela, ma quel che è più grave la dona a suo marito Adamo, quale atto di profondo amore. Eva non si era bene informata sulle conseguenze che questo gesto avrebbe prodotto. Del resto il suo era un dono di modico valore che non ha bisogno di atto pubblico e l’unico consulente a sua disposizione era un infido serpente che aveva tutti i vantaggi a mentire, altrimenti, considerato i nefasti risultati scaturiti, avrebbero potuto ricorrere al mutuo dissenso annullando l’atto del dono fatto e ricevuto e tutto sarebbe tornato come prima.   Purtroppo così non è stato ed i discendenti tutti, ne hanno pagato le conseguenze.             

Il serpente tentatore si nasconde dovunque, dietro un lavoro a rischio di azioni risarcitorie, dietro la paura che i creditori possano aggredire i nostri averi, ed allora il donare si trasforma da atto di generosità in atto meramente materiale per salvare un patrimonio. Il coniuge dona gli immobili al partner per difenderlo (parlo del patrimonio e non del partner), ma cosa succede se il donatario scompare dalla sua vita? Se si separa e poi divorzia? Beh, credo proprio che in questo caso il mutuo dissenso non verrà mai applicato, ma udite, udite: l’arrivo di un figlio di chi ha donato, suo erede legittimario, cambia le carte in tavola, la donazione viene revocata e tutto torna come prima. E non solo di un figlio nato dopo l’atto di donazione, ma anche un discendente di cui si ignorava l’esistenza, oppure un figlio minorenne adottato .  

 Eva con il suo dono scapestrato ed ingannatore ci ha condannati a conoscere e vivere il bene ed il male, e purtroppo molto spesso non sappiamo discernere. 

Ricordate la parabola del figliol prodigo? Il padre molto ricco dona al figlio minore, desideroso di nuove esperienze, una parte dei suoi averi, un anticipo di eredità, ma soprattutto gli regala la libertà di provare a trovare la sua strada andando in giro per il mondo. Un grande atto di puro amore paterno.  Quando il figlio tornerà a casa sconfitto, dopo avere dilapidato tutto, il padre lo accoglie a braccia aperte: lo aveva sempre atteso trepidante e speranzoso e per lui fa una grande festa. Il figlio maggiore è sempre rimasto accanto al genitore, gli ha obbedito, ha lavorato sodo nell’azienda senza mai chiedere nulla, e non comprende come suo fratello sia festeggiato e lui, che non ha mai chiesto niente, ignorato. Il padre è felice, il fratello indignato e ferito, si sente tradito. Così nascono le guerre fratricide che ancora oggi ritroviamo nella quotidianità.  

Il dono appare sempre sincero, disinteressato, gratuito?  L’etica utilitaristica, imperante nella società dei consumi, ha evidentemente inficiato questo assunto, ritenendo il dono pura follia: l’ossessione spasmodica del guadagno risulta chiaramente antitetica ad una genuina gratuità. Allora il dono, che per sua essenza è atto alla creazione di legami e relazioni, diviene mero mezzo di scambio e foriero di rotture di relazioni e di lunghi estenuanti litigi, distruttori della famiglia. Il figlio ferito e deluso, in quanto erede legittimario, se viene leso su quanto legalmente gli spetta, quando il donante morirà, ha a sua disposizione azione riduzione e di restituzione, nonché la possibilità di opposizione contro l’atto per interrompere il consolidamento della donazione, quando il donante è ancora in vita (20 anni).

Cause lunghe ed interminabili che portano immancabilmente alla disgregazione familiare. Il dono elargito con amore si trasforma in odio e litigi perdendo il suo giusto significato.

La letteratura di tutti i tempi mostra che sotto l’apparenza del dòron(il dono) si cela spesso il dòlos, l’inganno appunto. E’ curioso come in inglese gift designa il regalo mentre in tedesco gift designa il veleno. E’ come a voler confermare la prossimità tra dono e veleno che viene evidenziata anche con il termine dosis che indica donare la dose, ovvero la quantità di rimedio che il medico somministrerà al paziente per curarlo. Una dose diversa dal rimedio può risultare letale, del resto il termine greco pharmakòs (farmaco) custodisce lo stesso significato, contiene una duplice valenza: può curare, ma altresì essere un veleno se si sbaglia la dose. Cosa ci insegna tutto questo? Prima di regalare un immobile, una somma di denaro, un’azienda ad un discendente o ad altra persona, controllate se è la dose giusta, che non va a ledere quote di eventuali legittimari,  altrimenti rischiate che  il vostro bellissimo atto si trasformi in veleno, crei malanni e discordie in famiglia, facendola letteralmente scomparire, annullando tutti i legami affettivi costruiti con tanto amore.

Potete dosare il dono conferendo solo la nuda proprietà o l’usufrutto, magari inserendo la clausola di riversibilità in modo che se mancasse il donatario il regalo tornerebbe indietro.

Ancora la letteratura ci insegna che il dono è stato utilizzato spesso come uno stratagemma per aggirare leggi ed ingannare popoli e diventa un dono subdolo, bugiardo, menzognero, ingannevole. Rimane famosa la frase del troiano Laoconte nell’Eneide che di fronte al cavallo di Troia dice:  “ Temo i greci anche quando offrono doni”. Beh l’Agenzia delle Entrate ragiona un po’ allo stesso modo, diffida dei bonifici fatti al coniuge od ai figli od a chiunque altro se non redatto in forma pubblica, anche se noi lo chiamiamo sempre dono.  L’atto pubblico serve a rendere noto ciò che stai facendo, non aggiri la Legge, ma la rispetti, non nascondi somme occultandole sotto forma di bonifico per non pagare le imposte. Non deve essere un cavallo di troia subdolo ed insidioso , ma un regalo che porta il sorriso a tutti anche, eventualmente, all’Agenzia delle Entrate. Un bonifico eseguito sul conto del figlio per acquistare casa può scatenare un putiferio, essere reso nullo e di conseguenza anche l’acquisto dell’immobile, portare ad una indagine finanziaria su chi acquista ed, ancora, a guerre fratricide. Ulisse progettò il cavallo per avere salva la sua vita e quella dei suoi compagni, ma noi dobbiamo salvare i rapporti umani familiari e con il fisco, scegliamo il giusto rimedio e saremo sempre felici, soddisfatti, vivendo in ambiente sereno. 

Che dire della valenza dono-inganno, che risiede nell’episodio del ciclope monocolo Polifemo. Ulisse e compagni sono terrorizzati dalla potenza della voce e dalla statura del mostro; tuttavia in modo sincero l’eroe risponde a Polifemo “siamo guerrieri achei di ritorno dalla grande guerra di Troia e chiediamo, in nome di Zeus, un qualche dono ospitale”. Torna il concetto di dono quale mezzo per creare relazione, per contraccambiare, ma Polifemo farà apparire chiara la natura blasfema del suo dono che consiste nella promessa di mangiarlo per ultimo. Con astuzia Ulisse sovverte la sua sorte e quella dei compagni e dona al ciclope il potente vino di Ismaro , che verrà bevuto “puro”, senza  la necessaria aggiunta di acqua , come nell’uso greco.  Il vino offerto in dono ubriacherà il Ciclope poi accecato dal palo di ulivo e quando chiederà aiuto ai compagni rivelerà tutta la sua stolida impotenza dicendo che Nessuno lo aveva ingannato. Nessuno era il nome che Ulisse gli aveva detto di avere, ma Polifemo tradito da una ingenua fiducia e grato del dono ricevuto non avverte il cortocircuito logico di un nome che nega, nel momento in cui dovrebbe dichiararla, l’identità di un individuo. Anche in questa storia i doni sono stati scambiati, ma con altre intenzioni. Se vogliamo essere contraccambiati possiamo fidarci come ha fatto Polifemo, anche se in fondo meritava la sua fine, oppure fare una donazione modale, gravata da un onere, “ti dono la Ferrari se ti laurei, ti dono la casa se ti sposi”. Se il donatario non adempie, il donante potrà richiedere la risoluzione della donazione. Oppure una donazione remuneratoria: per spirito di riconoscenza o in considerazione di specifici meriti o per remunerare il donatario per un servizio reso o che ha promesso di svolgere. Se Ulisse avesse donato il vino sottoponendolo al vincolo che Polifemo non avrebbe dovuto ubriacarsi, pena la restituzione del regalo di benvenuto che era essere mangiato per ultimo, forse la storia sarebbe finita in modo diverso.

Abbiamo visto come nella tradizione classica vi siano tanti esempi di dono malefico, come spesso il dono sia associato, sul piano economico e mercantile, allo scambio e al commercio, facendo a volte crollare l’assunto che vede il dono come puro atto di generosità e gratuità.  Ma il dono oggi? La quotidianità ci insegna che l’atto del donare non è perpetrato sempre col fine di ottenere un guadagno, economico, morale o affettivo che sia. La sua ragion d’essere è connaturata a quella gratuità, tanto biasimata ma che pur esiste anche in una società come la nostra, che sembra porre al primo posto della sua gerarchia di valori l’utile e il guadagno.  Certo la crisi dell’Occidente e la conseguente crisi di valori, a volte ci fa perdere di vista la vera essenza del dono, non avvedendoci che è il simbolo ed il vincolo più stretto che lega l’uomo alla comunità. Se vogliamo che il dono mantenga la sua essenza di fastoso, atto a consolidare legami e a creare relazioni e non si trasformi in dono perverso, atto a distruggere relazioni, affetti e famiglie, doniamo con consapevolezza, informati sugli eventuali esiti negativi. 

Vi regalo le ultime considerazioni. Vi ricordate Pandòra? Aveva ricevuto i doni di tutti gli Dei, che reca nel suo scrigno. Ella non sa cosa si celi dietro quei doni, non sa quali atrocità siano contenute in quel vaso. Ma soprattutto quello che Pandòra ignora completamente è di essere lei il dono mortifero del genere umano. Pandòra è una punizione sotto forma di un regalo – dono prezioso. Pandòra dotata di grazia e fascino, dall’aspetto seducente si rivela un flagello che si installa nella vita umana, consumando le risorse e le energie dei maschi: è il “bel male” che una volta aperto il vaso fa uscire tutti i mali capaci di assediare la vita degli uomini che fino a quel momento erano stati immuni dalle malattie, dalle sventure e dall’aspra fatica del lavoro. Nel vaso rimane solo la speranza: risorsa benefica che allevia in parte la sofferenza, ma allo stesso tempo elemento che non avrebbe ragione di esistere se la felicità fosse un sicuro possesso.  Sembra quasi che tutti i flagelli del mondo siano avvenuti a causa delle donne, ma anche loro sono state ingannate, plagiate ed attirate da ingannevoli doni. Avevano consulenti non perfettamente preparati, uno diabolico, l’altro, Zeus, in overconfidence, ma voi fate sempre in modo che qualsiasi dono sia foriero di amore e generosità, non cedete a false lusinghe, siate informati e consapevoli: il dono rimane il gesto che più unisce e crea relazioni, pieno di generosità, facciamo in modo che tale rimanga. Magari Pandòra poteva accettare la sola proprietà del vaso lasciando l’usufrutto di quanto contenuto a quel dispettoso Zeus. Ci ha comunque regalato la speranza, ed io rimango speranzosa che d’ora in poi saprete scegliere la corretta forma giuridica dei vostri regali. Mi raccomando, scegliete un buon consulente. 

Grazie Anna, un forte abbraccio.

Massimo

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –

EREDITA’ MARCHIONNE 350 144 admin

EREDITA’ MARCHIONNE

Succede spesso, ed è comprensibile che lo sia, che alcuni accadimenti relativi a personaggi famosi accendano i riflettori su tematiche spesso scomode o difficili da affrontare.

Ed ecco allora il maestro Pavarotti, che con la sua successione transnazionale offre spunti di riflessione in ambito successorio, familiare, patrimoniale, coinvolgendo tematiche trasversali quali i testamento, i legati, il trust…

…..e poi la scomparsa di Lucio Dalla, oramai divenuto a tutti gli effetti un “caso di scuola” in tema di successione ereditaria nelle convivenze more uxorio…..

Ma poi gli esempi celebri potrebbero essere molti altri, da Alberto Sordi alla famiglia Agnelli, passando per Pino Daniele fino al mio mito Gianni Versace…

Tutte occasioni che improvvisamente accendono i riflettori rispetto a tematiche che nn rientrano nella programmazione patrimoniale quotidiana degli italiani….. ecco allora che SE NE PARLA nei TG, sui blog, nei seminari, nei bar e poi….. e poi basta….

In realtà il “SE NE PARLA”, significa solo che, per i più, determinate tematiche vengono trattate da “meri spettatori”, commentatori di vicende altrui, in posizione di terzietà, ovviamente….

Leggo in questi giorni alcuni articoli comparsi sui media relativi all’eredità di Sergio Marchionne….

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….ecco allora che puntualmente SE NE PARLA, SE NE RIPARLA…. ma poi finisce là…

Marchionne, ai miei occhi, rappresenta una figura “sociale-familiare” molto diffusa: separato e nn divorziato dalla prima moglie, attualmente stabilmente legato ad una nuova compagna, figli avuti dal suo matrimonio….

Gli scenari patrimoniali-familiari-successori sono affascinanti…. se ne potrebbe PARLARE (per chi tecnicamente ne sa parlare) per giorni….

….ma io no… nn vorrei più che tra di noi NE PARLIAMO…. capitemi, vorrei che anziché PARLARE PER PARLARNE, come accade là fuori, iniziassimo a pensare, riflettere, capire… AGIRE…..

….. le tematiche relative alla successione nell’ambito delle convivenze, le dinamiche relative ai rapporti patrimoniali e successori tra separati nn divorziati, la successione nei rapporti patrimoniali e contrattuali da parte dei figli…..

Allora, proviamo a PENSARE anziché PARLARE tanto PER PARLARE: al di là dei numeri e dell’entità patrimoniale, quanti Marchionne possiamo individuare tra i ns familiari, i nostri conoscenti, i nostri clienti, attuali o potenziali…. tanti, tantissimi….

E allora continuiamo a RIFLETTERCI un attimo: o possiamo attendere la prossima occasione per PARLARNE UN PO’, oppure iniziamo a CAPIRE che i Dalla, i Versace, i Marchionne rappresentano tutte occasioni per pensare, riflettere e capire la ns patrimonialità e quella delle persone a noi più vicine, che erediteranno le nostre scelte….

E allora, quando si tratta di PATRIMONIALITA’, lasciamo che siano gli altri a PARLARE PER PARLARE, mentre noi iniziamo a PENSARE….. e vedrete come improvvisamente “PARLARE” si trasformerà in “ANALIZZARE, TUTELARE, GESTIRE, PROGRAMMARE….”

… e lascia pure che gli altri PARLINO….

MASSIMO PERINI – AVVOCATO PATRIMONIALISTA –

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DEBITI EREDITARI E LEGATO 510 340 admin

DEBITI EREDITARI E LEGATO

Come? Il tuo bellissimo nome risulta inserito in un testamento tra i beneficiari?

….ah… bene…. risulti beneficiario di alcuni beni specifici e, quindi, pensi di essere un “legatario”?

….e, quindi, vorresti sapere cosa cambia tra essere legatario ed erede?

beh… mettiti comodo, vale la pena parlarne due minuti…..

E’ pacifico che il de cuius potrebbe averti lasciarti un lascito testamentario a titolo di erede o di legato…. ma, purtroppo, spesso nn è facile capirlo….

Risulta determinante capirlo per una serie di motivi/conseguenze pratiche….

Per farti capire l’importanza della cosa, tieni presente che solo se sei erede (no legatario) subentri in tutti (tranne qualche eccezione) i suoi rapporti attivi e passivi…. esatto…. anche passivi, e ne potresti rispondere col tuo patrimonio personale….

……il legatario, invece, che nn è erede, nn subentra nei rapporti facenti capo al de cuius e, quindi, nn assume il rischio successorio.

Il legatario, come c’insegna la Cassazione, nn è erede, ma un mero avente causa, in forza di un atto di liberalità successoria.

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Come facciamo quindi a capire “cosa eri tu” nella testa del testatore?

Semplice (…si fa per dire), occorre interpretare la sua volontà….

Si, esatto…. e come fa ad interpretarla?

Tranquillo, ti viene in aiuto il codice, all’art. 588 c.c., il quale fissa dei principi interpretativi:

  • le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se ricomprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore;
  • le altre disposizioni sn a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario.

Ne deriva che l’indicazione a tuo favore di beni determinati, o di un complesso di beni, nn esclude che si tratti di una disposizione a titolo di erede, se risulta che il testatore abbia inteso assegnare quei beni a titolo di erede, cioè come quota ereditaria…..

Purtroppo devi tener conto che nn tutti i “testatori” sn cintura nera di diritto successorio…. e allora capita che spesso può essere difficoltoso interpretarne la volontà testamentaria…..

Bene…. hai preso in mano quel bel testamento, l’hai letto, l’ hai interpretato, hai ricostruito le volontà del testatore….ora ti senti a tutti gli effetti un legatario….

Se è così (cioè se la tua interpretazione della volontà del testatore cintura gialla di diritto successorio è corretta), sappi che tu legatario non rispondi dei debiti ereditari, neppure entro i limiti dei beni che ti ha attribuito….

Buono no?

(vedi Cassazione civile, Sent. n. 5550 del 23.3.2016)

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonilista –

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COPPIE OMOSESSUALI E PENSIONE DI REVERSIBILITA’

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Come noto, la legge 76/2016, meglio nota come legge “Cirinnà” ha tipicizzato, dal punto di vista legislativo, due nuovi modelli familiari socialmente già diffusi. Parlo ovviamente delle convivenze e delle…

CRIPTOVALUTE e SUCCESSIONE EREDITARIA

CRIPTOVALUTE e SUCCESSIONE EREDITARIA 493 340 admin

Ne leggo un pò qua e un pò là, vedo spesso l’argomento trattato dai media, ne parlano al bar…. il fenomeno cripotovalute oramai è sdoganato a livello planetario….. e siamo…