IL TESTAMENTO (Fulvia Catone)

IL TESTAMENTO (Fulvia Catone)

IL TESTAMENTO (Fulvia Catone) 510 340 admin

Non moltissimo tempo fa, tenni una conferenza all’IT FORUM di Rimini. Il tema trattato era il ruolo del consulente nella pianificazione patrimoniale. La sala era gremita, tant’è che non c’erano più posti a sedere disponibili.

Mentre parlavo, tra tutte le persone presenti in sala, la mia attenzione era catturata da una biondina, che per tutto il tempo rimase ad ascoltare in piedi, con la spalla appoggiata al muro, e gli occhi quasi “rapiti” dalle mie parole, dalla mia “visione”, dalla mia “versione” dell’universo patrimoniale….

Terminata la mia esposizione, come di consueto, molti si avvicinavano, chi per una semplice stretta di mano, chi per un bigliettino da visita, chi per qualche chiarimento tecnico.

Poi arriva lei, la biondina, che mi dice: “Io voglio fare questo“…. “Come?” dico io… “Io voglio essere questo, mi dica cosa devo fare“…

Ecco… la biondina è Fulvia Catone, e oggi Fulvia, con passione, curiosità, determinazione è questo…. Fulvia è diventata quello che voleva essere… Fulvia è una consulente patrimoniale evoluta…. una professionista che sa parlare con le persone dei loro interessi patrimoniali, che sa cogliere le loro criticità ed evidenziarne le opportunità…. una professionista che ha acquisito le competenze tecniche e relazionali necessarie a poter gestire e programmare in modo armonico ed integrato i vari assets patrimoniali di persone e famiglie….

Oggi, con estremo piacere, vi lascio in compagnia di quella biondina, e della sua bella ed originale relazione su un tema a me particolarmente caro: la programmazione successoria della ricchezza.

L’altra mattina mentre prendevo il caffè ho involontariamente origliato la conversazione di due signore, in piedi al bancone accanto a me. L’una esprimeva all’altra un profondo dolore per la scomparsa del padre.
“Mi spiace tanto, io l’ho conosciuto era una bellissima persona. Posso solo immaginare quanto ti mancherà.”
“Grazie….” sospira profondamente, poi accenna un sorriso e quasi a voler invertire le parti ora è lei a consolare l’amica dicendole : “Dai, sai com’è…si nasce e si muore, le uniche certezze della vita”. (Insieme alle tasse, penso tra me e me…). In ogni caso, questa frase così semplice e diretta cattura la mia attenzione e di rimando accenno un sorriso anche io.

“Adesso il casino è tutto quello che segue alla sua morte” – continua lei. “Cosa vuoi, lui se n’è andato in pace come aveva sempre desiderato. Restiamo noi della famiglia a gestire tutto il resto. Che poi, con mio fratello Luca non si parlavano quasi più, sono sempre stati cane e gatto, mia sorella Giulia abita lontano da noi, molto spesso è all’estero per lavoro, mia mamma meglio se la lascio fuori da tutto, in questo momento è già abbastanza spaesata così….alla fine dovrò occuparmene io e solo al pensiero di dover gestire le case, i conti in banca, e tutte le altre cose c’è da stare male!” 

In effetti è proprio così che accade, solitamente le questioni pratiche e i cambiamenti economici legati ad un decesso diventano centrali tra gli eredi, anche quando non si hanno le energie e spesso anche le competenze necessarie per occuparsene. In più, a volte, le questioni che si aprono con la scomparsa di un coniuge, di un genitore o di un altro congiunto sono più ingarbugliate e complesse di quello che si possa pensare, indipendentemente dalla consistenza e varietà del patrimonio lasciato.

Ho pagato il caffè e sono uscita pensando proprio a questo, a come di fronte ad una delle pochissime certezze che abbiamo nel corso della nostra esistenza, spesso arriviamo totalmente impreparati. Non parlo chiaramente solo dell’aspetto emotivo e affettivo legato alla scomparsa di un familiare, quanto e soprattutto di ciò che ruota intorno alla sfera patrimoniale. Perché se da un lato è vero ed incontestabile che ognuno di noi prima o poi passi a miglior vita (si spera più poi che prima!), dall’altro è auspicabile e programmabile farlo in pace, lasciando ordine e armonia.

La legge, asettica ed impersonale, dichiara che la successione, cioè il trasferimento dei diritti e dei doveri patrimoniali ed economici, si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Da quel momento gli eredi subentrano al suo posto nella titolarità dei diritti e doveri, e danno inizio al percorso che li separa dai beni che ha lasciato.

Ma ecco che si presenta subito il primo bivio: di che tipo di successione stiamo parlando?

Siamo nel campo della successione legittima, quella in cui ereditano i parenti previsti dalla legge nelle quote prestabilite, oppure siamo in quello della successione testamentaria, cioè quella con la quale il de cuiuslascia indicazioni e disposizioni precise, redigendo un testamento? 

In Italia la maggior parte avviene ancora nel primo modo, nonostante il legislatore abbia previsto nel codice civile ben 125 articoli dei 353 riguardanti le successioni, proprio su questo istituto giuridico. Allora come mai ancora così poche persone decidono di fare testamento?  Da un lato credo non venga sentita come una reale necessità, magari perché si pensa di non avere patrimoni consistenti né situazioni famigliari complicate. Sicuramente anche il fatto che la legge italiana sia particolarmente precisa e dettagliata nel disciplinare la materia contribuisce a fornire un certo grado di sicurezza relativamente ai propri beni: se é già tutto regolato, perché dovrei “intromettermi” per decidere quali saranno le persone che prenderanno il mio posto quando non ci sarò più? 

Penso esista, infine, anche una certa dose di “scaramanzia” nell’affrontare questo tema, forse perché in cuor nostro abbiamo la tendenza a considerarci eterni, in alcuni casi anche oltre la morte fisica. Proprio a tal proposito mi ha fatto sorridere un aneddoto raccontato da un’amica :

“Sai, io e Alberto (il marito) parlavamo di quando non ci saremo più, allora io gli ho proposto di stare vicini per sempre, l’uno accanto all’altro….” 
“E lui cosa ti ha risposto?”
“Ha detto : Eh no! Il contratto recita < finché morte non ci separi > dopo ognuno per la propria strada!” 


Esistono tuttavia casi in cui sarebbe quasi d’obbligo fare testamento. Parlo ad esempio di una coppia di conviventi che trascorre una intera vita insieme, alla stregua di qualsiasi coppia di coniugi. Per la legge italiana, pur così articolata e dettagliata, i conviventi non hanno diritti successori. In parole semplici, significa che alla morte di uno l’altro non verrà riconosciuto come erede, a meno che non venga, appunto, redatto un testamento, attraverso il quale lasciare disposizioni in suo favore. Sarebbe proprio una brutta sorpresa scoprire che i beni di una vita vengono lasciati ad un cugino, che magari abbiamo per sbaglio incrociato ad un pranzo di Natale, solo perché è la legge che lo decide!

Ma quindi è sempre necessario fare testamento? 

La risposta è: dipende! 

Anche la situazione familiare e patrimoniale all’apparenza più semplice può talvolta nascondere insidie. Basti pensare che in presenza di una successione legittima si diventa coeredi, cioè si partecipa insieme ad altri all’eredità. E se i figli del signore di cui ho parlato, la pensassero in maniera diversa rispetto alla gestione degli immobili? Nell’ipotesi in cui uno di loro fosse più propenso alla vendita della vecchia casa ereditata, che magari necessita anche di ristrutturazioni, e volesse “far cassa” subito, mentre la sorella reputasse più vantaggioso apportare le migliorie e mettere a reddito, con quale costo e con quale fatica le parti potrebbero trovare un accordo? E se invece fosse il testatore a decidere a chi va cosa, proprio perché conosce le dinamiche interne alla propria famiglia? Beh, di certo questo tipo di pianificazione, fatta in vita e quindi priva di quel forte impatto emotivo conseguente al decesso che spesso complica anche le decisioni più semplici, potrebbe produrre risultati sicuramente più armonici.

Esiste tuttavia una categoria privilegiata di eredi ai quali la legge riserva una parte di patrimonio (la quota di legittima) a prescindere dai desiderata del testatore. Sto parlando dei legittimari, cioè le persone che ereditano comunque, anche in presenza di testamento: il coniuge (purché non separato per colpa o divorziato), il partner riconosciuto con un’unione civile che viene equiparato al coniuge, I figli legittimi, naturali, legittimati, adottati, gli ascendenti legittimi ovvero i genitori (anche di figli adottivi). In assenza dei genitori, se viventi, i nonni o eventualmente i bisnonni.

Attenzione ad una piccola ma importante distinzione (che sembra quasi uno scioglilingua): i legittimari sono sempre anche eredi legittimi (ereditano per legge anche in assenza di testamento) ma non tutti gli eredi legittimi (fratelli, nonni, bisnonni, zii, prozii, cugini, procugini) sono legittimari.

Il testatore ha comunque un ampio margine di manovra e di libertà; può infatti decidere della quota disponibile, stabilita anche questa a monte sempre dalla legge.

E cosa accade se invece il testatore è di manica un po’ larga nei confronti di un erede, sacrificando la parte di un altro? In altre parole, cosa succede se c’è lesione della LEGITTIMA?

Il nostro ordinamento prevede che chi è stato leso possa (ma non sia in alcun modo obbligato) far valere le proprie ragioni, fino al ripristino delle quote a lui spettanti. Oppure accettare le volontà del defunto senza fare opposizione formale.

Inoltre, se gli eredi sono tutti d’accordo tra di loro, non è affatto detto che debbano rispettare le volontà del defunto. Questi, infatti, possono tranquillamente scambiarsi i beni a loro destinati in sede di divisione. Se non c’è contesa infatti, non serve nessun atto ulteriore da compiere e nessuno li perseguirà. Le contestazioni e impugnazioni del testamento derivano sempre e comunque da liti fra gli eredi.

Allo stesso modo se invece gli eredi desiderano, di comune accordo, di dar corso alle disposizioni del defunto anche se lesive delle quote di legittima, nessuno glielo impedirà. 

Le tipiche censure mosse verso un testamento, ad opera di un erede insoddisfatto, sono solitamente l’incapacità di intendere e di volere al momento della stesura (ecco perché spesso si scrive “io sottoscritto Pinco Pallino, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali….), la falsità della scrittura, della firma, e come abbiamo appena visto, la lesione della legittima. Ecco perché non è assolutamente consigliabile scrivere il proprio testamento durante il pranzo di matrimonio di un parente, nonostante si abbia proprio in quel momento la possibilità di osservare tutta la compagine familiare e di deciderne le sorti in campo patrimoniale, una volta passati a miglior vita. Potrebbe sempre venir fuori, più tardi, magari proprio davanti al notaio che ha appena ricevuto il nostro olografo, il filmato che testimonia un elevato tasso alcolico e diventare questa la causa di impugnazione delle ultime volontà.

Ma nel dettaglio, com’è fatto un testamento? 

Il nostro ordinamento parla di atto revocabile con cui un soggetto (il testatore) dispone delle proprie sostanze o di una parte di esse, ovvero lascia disposizioni di carattere non patrimoniale, per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Finora abbiamo parlato di beni, di averi, di patrimonio insomma, e adesso scopriamo che il testamento può contenere anche disposizioni che esulano da questo ambito? Certamente sì. Per esempio potrei ricorrere al testamento per riconoscere un figlio naturale, o per dare disposizioni inerenti il rito funebre o la sepoltura o anche più semplicemente riempirlo di confessioni, anatemi, accuse, amore o fede.

Ecco perché tifo quasi come un ultras per il testamento, che oltre ad essere un utilissimo strumento di tutela rappresenta anche una delle massime espressione della libertà individuale: posso decidere se farlo o meno, posso decidere come farlo, cosa scrivere e infine posso cambiare idea ogni volta che voglio, almeno fino a che sono vivo, fino all’ultimo mio respiro. Oltre non è possibile andare, a quel punto i giochi sono fatti!

E’ un atto personale, non delegabile, non posso infatti incaricare qualcun altro di farlo al posto mio. E’ anche un atto formale poiché sia la tipologia che la forma sono previste dalla legge. A tal proposito distinguiamo tra:

  • testamento olografo, un semplice foglio scritto a mano di proprio pugno, contenente la data, il giorno e la firma del testatore. 
  • testamento pubblico, dettato davanti ad un notaio alla presenza di due testimoni maggiorenni.
  • testamento segreto, o mistico con il quale il testatore consegna una busta contenente le proprie volontà anziché dettarle direttamente al notaio. E’ questo l’unico caso in cui posso ricorrere alla scrittura meccanica (ad esempio tramite computer), ma devo comunque apporre la firma in ogni foglio che lo compone.

Le nostre volontà possono essere arricchite da condizioni, termini, modi, a patto che non siano impossibili od illecite o contrarie a norme imperative.

Può accadere che un erede chiamato a succedere, non possa o non voglia accettare l’eredità. Ecco che a questo punto subentrano al suo posto, per rappresentazione, i figli che si prenderanno tutti insieme la quota spettante in origine. Se non è possibile operare con la rappresentazione (ad esempio perché non ci sono discendenti) si passa all’accrescimento: la quota iniziale viene divisa in parti uguali tra tutti gli eredi. 

Attraverso il testamento è possibile prevedere e prevenire queste ipotesi, sostituendo l’erede perciò si potrebbe scrivere: “lascio tutti i miei beni a mia moglie Assunta, e nel caso lei non possa o voglia accettare le sostituisco mia sorella Diletta”.

Un ultimo breve accenno su invalidità e inesistenza del testamento. Per rendere più chiari questi concetti possiamo parlare di invalidità quando il testamento contiene dei vizi che possono portare alla nullità o all’annullabilità: nullità quando manca uno dei requisiti (la sottoscrizione di proprio pugno e la firma), annullabilità quando manca la data, oppure nel caso di incapacità di intendere e di volere.

Riguardo l’inesistenza possiamo far riferimento al testamento nuncupativo: sul letto di morte, sentendo sopraggiungere la mia ultima ora convoco tutta la famiglia al mio capezzale per dare le mie disposizioni oralmente. Venendo a mancare la forma scritta si considera testamento inesistente.

In ultimo mi permetto un utile consiglio, nel caso abbia fatto nascere curiosità ed interesse per questo argomento: se decidete di fare testamento affidatevi ai consigli di un serio professionista. Fare da soli, non è sempre una buona idea perché la legge è molto complicata, cambia frequentemente e molto spesso può capitare che nel tentativo di mettere ordine si crei in realtà confusione.

Se invece siete tra i pochi che l’hanno già fatto, provate a rileggerlo ed eventualmente aggiornarlo; magari potreste scoprire che contiene ancora disposizioni su un immobile venduto anni addietro, o che invece non contiene indicazioni su come rintracciare le vecchie polizze sottoscritte nel corso degli anni.

Grazie Fulvia, per la passione che ci metti e per i tuoi sorrisi, la simpatia, l’ironia che ti rendono sempre così unica e preziosa…. Un caro abbraccio alla mia amica patrimonialista.

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –