LA DONAZIONE (Autrice: Anna Maria Gardinali)

LA DONAZIONE (Autrice: Anna Maria Gardinali)

LA DONAZIONE (Autrice: Anna Maria Gardinali) 510 340 admin

Con estremo piacere oggi ho deciso di pubblicare una bellissima ed originale relazione, scritta dalla mia carissima amica Anna.

Ho avuto il privilegio di avere Anna tra i miei studenti in occasione del mio Master “Il Patrimonialista” e del successivo “Perini Top Training”.

Anna è una signora intelligente, raffinata, “a modo”.

Anna è una professionista di altissimo spessore, che sa unire alle proprie capacità tecniche, spiccate doti umane e relazionali.

La mia amica Anna Maria Gardinali è una vera Patrimonialista.

Vi lascio in compagnia di Anna e vi auguro una piacevole lettura.

L’eccezione più comune di dono è quella che si accompagna al concetto di gratuità e generosità; è ciò che viene dato per un puro atto disinteressato, per amore, beneficenza o riconoscenza.

Il dono deve avere alcune caratteristiche essenziali: deve essere un atto libero, non vi deve essere coercizione. Ma è sempre così od anche il dono nasconde delle insidie?

La letteratura ci mostra come, accanto all’eccezione positiva e benefica vi sia spazio per un tipo di donazione, il cosiddetto dolòs, che significa inganno. Il primo celeberrimo ambiguo dono della tradizione è stata LA MELA. Adamo ed Eva potevano mangiare tutti i frutti di qualsiasi albero tranne quelli dell’albero della scienza del bene e del male: IL MELO. Il serpente diabolico con l’inganno convinse Eva a mangiare la mela dicendole “anzi Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Eva mangia la mela, ma quel che è più grave la dona a suo marito Adamo, quale atto di profondo amore. Eva non si era bene informata sulle conseguenze che questo gesto avrebbe prodotto. Del resto il suo era un dono di modico valore che non ha bisogno di atto pubblico e l’unico consulente a sua disposizione era un infido serpente che aveva tutti i vantaggi a mentire, altrimenti, considerato i nefasti risultati scaturiti, avrebbero potuto ricorrere al mutuo dissenso annullando l’atto del dono fatto e ricevuto e tutto sarebbe tornato come prima.   Purtroppo così non è stato ed i discendenti tutti, ne hanno pagato le conseguenze.             

Il serpente tentatore si nasconde dovunque, dietro un lavoro a rischio di azioni risarcitorie, dietro la paura che i creditori possano aggredire i nostri averi, ed allora il donare si trasforma da atto di generosità in atto meramente materiale per salvare un patrimonio. Il coniuge dona gli immobili al partner per difenderlo (parlo del patrimonio e non del partner), ma cosa succede se il donatario scompare dalla sua vita? Se si separa e poi divorzia? Beh, credo proprio che in questo caso il mutuo dissenso non verrà mai applicato, ma udite, udite: l’arrivo di un figlio di chi ha donato, suo erede legittimario, cambia le carte in tavola, la donazione viene revocata e tutto torna come prima. E non solo di un figlio nato dopo l’atto di donazione, ma anche un discendente di cui si ignorava l’esistenza, oppure un figlio minorenne adottato .  

 Eva con il suo dono scapestrato ed ingannatore ci ha condannati a conoscere e vivere il bene ed il male, e purtroppo molto spesso non sappiamo discernere. 

Ricordate la parabola del figliol prodigo? Il padre molto ricco dona al figlio minore, desideroso di nuove esperienze, una parte dei suoi averi, un anticipo di eredità, ma soprattutto gli regala la libertà di provare a trovare la sua strada andando in giro per il mondo. Un grande atto di puro amore paterno.  Quando il figlio tornerà a casa sconfitto, dopo avere dilapidato tutto, il padre lo accoglie a braccia aperte: lo aveva sempre atteso trepidante e speranzoso e per lui fa una grande festa. Il figlio maggiore è sempre rimasto accanto al genitore, gli ha obbedito, ha lavorato sodo nell’azienda senza mai chiedere nulla, e non comprende come suo fratello sia festeggiato e lui, che non ha mai chiesto niente, ignorato. Il padre è felice, il fratello indignato e ferito, si sente tradito. Così nascono le guerre fratricide che ancora oggi ritroviamo nella quotidianità.  

Il dono appare sempre sincero, disinteressato, gratuito?  L’etica utilitaristica, imperante nella società dei consumi, ha evidentemente inficiato questo assunto, ritenendo il dono pura follia: l’ossessione spasmodica del guadagno risulta chiaramente antitetica ad una genuina gratuità. Allora il dono, che per sua essenza è atto alla creazione di legami e relazioni, diviene mero mezzo di scambio e foriero di rotture di relazioni e di lunghi estenuanti litigi, distruttori della famiglia. Il figlio ferito e deluso, in quanto erede legittimario, se viene leso su quanto legalmente gli spetta, quando il donante morirà, ha a sua disposizione azione riduzione e di restituzione, nonché la possibilità di opposizione contro l’atto per interrompere il consolidamento della donazione, quando il donante è ancora in vita (20 anni).

Cause lunghe ed interminabili che portano immancabilmente alla disgregazione familiare. Il dono elargito con amore si trasforma in odio e litigi perdendo il suo giusto significato.

La letteratura di tutti i tempi mostra che sotto l’apparenza del dòron(il dono) si cela spesso il dòlos, l’inganno appunto. E’ curioso come in inglese gift designa il regalo mentre in tedesco gift designa il veleno. E’ come a voler confermare la prossimità tra dono e veleno che viene evidenziata anche con il termine dosis che indica donare la dose, ovvero la quantità di rimedio che il medico somministrerà al paziente per curarlo. Una dose diversa dal rimedio può risultare letale, del resto il termine greco pharmakòs (farmaco) custodisce lo stesso significato, contiene una duplice valenza: può curare, ma altresì essere un veleno se si sbaglia la dose. Cosa ci insegna tutto questo? Prima di regalare un immobile, una somma di denaro, un’azienda ad un discendente o ad altra persona, controllate se è la dose giusta, che non va a ledere quote di eventuali legittimari,  altrimenti rischiate che  il vostro bellissimo atto si trasformi in veleno, crei malanni e discordie in famiglia, facendola letteralmente scomparire, annullando tutti i legami affettivi costruiti con tanto amore.

Potete dosare il dono conferendo solo la nuda proprietà o l’usufrutto, magari inserendo la clausola di riversibilità in modo che se mancasse il donatario il regalo tornerebbe indietro.

Ancora la letteratura ci insegna che il dono è stato utilizzato spesso come uno stratagemma per aggirare leggi ed ingannare popoli e diventa un dono subdolo, bugiardo, menzognero, ingannevole. Rimane famosa la frase del troiano Laoconte nell’Eneide che di fronte al cavallo di Troia dice:  “ Temo i greci anche quando offrono doni”. Beh l’Agenzia delle Entrate ragiona un po’ allo stesso modo, diffida dei bonifici fatti al coniuge od ai figli od a chiunque altro se non redatto in forma pubblica, anche se noi lo chiamiamo sempre dono.  L’atto pubblico serve a rendere noto ciò che stai facendo, non aggiri la Legge, ma la rispetti, non nascondi somme occultandole sotto forma di bonifico per non pagare le imposte. Non deve essere un cavallo di troia subdolo ed insidioso , ma un regalo che porta il sorriso a tutti anche, eventualmente, all’Agenzia delle Entrate. Un bonifico eseguito sul conto del figlio per acquistare casa può scatenare un putiferio, essere reso nullo e di conseguenza anche l’acquisto dell’immobile, portare ad una indagine finanziaria su chi acquista ed, ancora, a guerre fratricide. Ulisse progettò il cavallo per avere salva la sua vita e quella dei suoi compagni, ma noi dobbiamo salvare i rapporti umani familiari e con il fisco, scegliamo il giusto rimedio e saremo sempre felici, soddisfatti, vivendo in ambiente sereno. 

Che dire della valenza dono-inganno, che risiede nell’episodio del ciclope monocolo Polifemo. Ulisse e compagni sono terrorizzati dalla potenza della voce e dalla statura del mostro; tuttavia in modo sincero l’eroe risponde a Polifemo “siamo guerrieri achei di ritorno dalla grande guerra di Troia e chiediamo, in nome di Zeus, un qualche dono ospitale”. Torna il concetto di dono quale mezzo per creare relazione, per contraccambiare, ma Polifemo farà apparire chiara la natura blasfema del suo dono che consiste nella promessa di mangiarlo per ultimo. Con astuzia Ulisse sovverte la sua sorte e quella dei compagni e dona al ciclope il potente vino di Ismaro , che verrà bevuto “puro”, senza  la necessaria aggiunta di acqua , come nell’uso greco.  Il vino offerto in dono ubriacherà il Ciclope poi accecato dal palo di ulivo e quando chiederà aiuto ai compagni rivelerà tutta la sua stolida impotenza dicendo che Nessuno lo aveva ingannato. Nessuno era il nome che Ulisse gli aveva detto di avere, ma Polifemo tradito da una ingenua fiducia e grato del dono ricevuto non avverte il cortocircuito logico di un nome che nega, nel momento in cui dovrebbe dichiararla, l’identità di un individuo. Anche in questa storia i doni sono stati scambiati, ma con altre intenzioni. Se vogliamo essere contraccambiati possiamo fidarci come ha fatto Polifemo, anche se in fondo meritava la sua fine, oppure fare una donazione modale, gravata da un onere, “ti dono la Ferrari se ti laurei, ti dono la casa se ti sposi”. Se il donatario non adempie, il donante potrà richiedere la risoluzione della donazione. Oppure una donazione remuneratoria: per spirito di riconoscenza o in considerazione di specifici meriti o per remunerare il donatario per un servizio reso o che ha promesso di svolgere. Se Ulisse avesse donato il vino sottoponendolo al vincolo che Polifemo non avrebbe dovuto ubriacarsi, pena la restituzione del regalo di benvenuto che era essere mangiato per ultimo, forse la storia sarebbe finita in modo diverso.

Abbiamo visto come nella tradizione classica vi siano tanti esempi di dono malefico, come spesso il dono sia associato, sul piano economico e mercantile, allo scambio e al commercio, facendo a volte crollare l’assunto che vede il dono come puro atto di generosità e gratuità.  Ma il dono oggi? La quotidianità ci insegna che l’atto del donare non è perpetrato sempre col fine di ottenere un guadagno, economico, morale o affettivo che sia. La sua ragion d’essere è connaturata a quella gratuità, tanto biasimata ma che pur esiste anche in una società come la nostra, che sembra porre al primo posto della sua gerarchia di valori l’utile e il guadagno.  Certo la crisi dell’Occidente e la conseguente crisi di valori, a volte ci fa perdere di vista la vera essenza del dono, non avvedendoci che è il simbolo ed il vincolo più stretto che lega l’uomo alla comunità. Se vogliamo che il dono mantenga la sua essenza di fastoso, atto a consolidare legami e a creare relazioni e non si trasformi in dono perverso, atto a distruggere relazioni, affetti e famiglie, doniamo con consapevolezza, informati sugli eventuali esiti negativi. 

Vi regalo le ultime considerazioni. Vi ricordate Pandòra? Aveva ricevuto i doni di tutti gli Dei, che reca nel suo scrigno. Ella non sa cosa si celi dietro quei doni, non sa quali atrocità siano contenute in quel vaso. Ma soprattutto quello che Pandòra ignora completamente è di essere lei il dono mortifero del genere umano. Pandòra è una punizione sotto forma di un regalo – dono prezioso. Pandòra dotata di grazia e fascino, dall’aspetto seducente si rivela un flagello che si installa nella vita umana, consumando le risorse e le energie dei maschi: è il “bel male” che una volta aperto il vaso fa uscire tutti i mali capaci di assediare la vita degli uomini che fino a quel momento erano stati immuni dalle malattie, dalle sventure e dall’aspra fatica del lavoro. Nel vaso rimane solo la speranza: risorsa benefica che allevia in parte la sofferenza, ma allo stesso tempo elemento che non avrebbe ragione di esistere se la felicità fosse un sicuro possesso.  Sembra quasi che tutti i flagelli del mondo siano avvenuti a causa delle donne, ma anche loro sono state ingannate, plagiate ed attirate da ingannevoli doni. Avevano consulenti non perfettamente preparati, uno diabolico, l’altro, Zeus, in overconfidence, ma voi fate sempre in modo che qualsiasi dono sia foriero di amore e generosità, non cedete a false lusinghe, siate informati e consapevoli: il dono rimane il gesto che più unisce e crea relazioni, pieno di generosità, facciamo in modo che tale rimanga. Magari Pandòra poteva accettare la sola proprietà del vaso lasciando l’usufrutto di quanto contenuto a quel dispettoso Zeus. Ci ha comunque regalato la speranza, ed io rimango speranzosa che d’ora in poi saprete scegliere la corretta forma giuridica dei vostri regali. Mi raccomando, scegliete un buon consulente. 

Grazie Anna, un forte abbraccio.

Massimo

MASSIMO PERINI – Avvocato Patrimonialista –