IL FONDO PATRIMONIALE TRA NUOVE UNIONI CIVILI E CONVIVENZE

IL FONDO PATRIMONIALE TRA NUOVE UNIONI CIVILI E CONVIVENZE

IL FONDO PATRIMONIALE TRA NUOVE UNIONI CIVILI E CONVIVENZE 600 399 admin

 

In attesa che la cosiddetta “Legge Cirinnà” sulle nuove “unioni civili” (tra persone dello stesso sesso) e le “convivenze” (tra persone di diverso o dello stesso sesso) venga definitivamente convertita in Legge (al momento ha passato solo il vaglio del Senato), alcune riflessioni appaiono utili e necessarie.

Rinviando qualsiasi valutazione finale successivamente alla conversione in Legge, ciò che al momento fa riflettere è il fatto che le nuove Unioni Civili tra persone dello stesso sesso vengono regolate richiamando la normativa prevista per le persone eterosessuali sposate. Il comma 20 dell’art. 1 della “Cirinnà”, infatti, precisa che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti la parola coniuge, coniugi o termini equipollenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti, nonchè negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

Partendo da tale presupposto occorre considerare applicabile anche ai futuri “uniti civili” le disposizioni codicistiche previste in materia di Fondo Patrimoniale (artt. 167 e ss. c.c.), in quanto includono le parole “coniuge” e “coniugi”.

Sin qua tutto chiaro e pacifico.

Il problema, però, va ravvisato nel fatto che il Fondo Patrimoniale è uno strumento di “segregazione” patrimoniale previsto espressamente per far fronte “ai bisogni della familglia” (art. 167 c.c.).

E allora, cosa devo intendere per “famiglia”?

La nostra Costituzione definisce la famiglia, e ne riconosce i diritti, come “società naturale fondata sul matrimonio”  (art. 29 Cost.).

E’ chiaro, quindi, che agli occhi della nostra Costituzione la nuova “unione civile” non può considerarsi “famiglia”, in quanto non c’è matrimonio.

Le tutele previste per i membri di un’unione civile, quindi, verranno riconosciute col richiamo all’art. 2 della Costituzione, che prevede la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

L’unione civile, quindi, non sarà “famiglia” in senso tecnico, ma “formazione sociale tutelata”.

Il dubbio che sorge è allora il seguente: anche le coppie di fatto, le cosiddette “convivenze more uxorio” (indifferentemente se tra persone etero o omosessuali) sono state per molti aspetti tutelate dalla giurisprudenza e riconosciute dalla dottrina, quali “formazioni sociali” tutelate anch’esse ai sensi dell’art. 2 della Costituzione.

A queste ultime, però, non verrà riconosciuta dalla “Cirinnà”, pur in seguito alla registrazione all’anagrafe della convivenza stessa, la possibilità di usufruire del Fondo Patrimoniale, in quanto, come nelle unioni civili, non c’è matrimonio, ma a differenza di quest’ultime, non è prevista l’applicazione di tutte le norme codicistiche che contengono la parola “coniuge” o “coniugi” (come, appunto, quella relativa al Fondo Patrimoniale).

Salvo modifiche e/o ripensamenti dell’ultimo istante, quindi, due realtà sociali “costituzionalmente uguali”, entrambe considerate “non famiglia” in senso tecnico, ma “formazione sociale tutelata” ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, hanno un trattamento giuridico completamente diverso: una, l’unione civile, potrà tutelare i propri interessi patrimoniali con la disciplina codicistica del Fondo Patrimoniale, la seconda, la semplice convivenza “registrata”, non potrà farlo.

Perchè un trattamento giuridico ed una tutela patrimoniale tanto diversa per due situazioni giuridiche “costituzionalmente” ritenute uguali?

Ai nostri onorevoli parlamentari l’ultima parola.